La memoria nel nome delle strade di Campobasso
Piazza Savoia diventa Piazza Falcone e Borsellino
di Donato Lagonigro
7 maggio 2018
Back
È di qualche giorno fa il servizio sull’intestazione ai giudici Falcone e Borsellino di Piazza Savoia. Tutti contenti per questa decisione. Vorrei però far presente che i due giudici, secondo me, si rivolteranno nella tomba, viste le schifose condizioni in cui è ridotta Piazza Savoia. Sarebbe stato meglio intitolare loro una piazza molto più dignitosa e rappresentativa come, ad esempio, Piazza Vittorio Emanuele II.
Inoltre le strade e le piazze rappresentano la memoria delle persone che vi abitano, indipendentemente dal nome che portano.
Pertanto Piazza Savoia non è la memoria di una genìa tarata che ha distrutto il Meridione prima e l’intera Italia poi, ma è la memoria delle tante famiglie che vi hanno abitato, che hanno gioito e pianto insieme. Delle famiglie che hanno assistito, tutte insieme, alle sfilate dei Misteri, della processione del Venerdì Santo e delle altre processioni, perfino del passaggio del Giro d’Italia, prima che i barbari decidessero che di lì non si dovesse più passare, perché c’erano da realizzare aiuoleritiro di immondizia di forma strana ed estranea alla piazza, oltretutto con inutile dispendio di denaro. È la memoria delle famiglie che simulavano una bonaria rivalità tra quelli del “palazzo dei ferrovieri” e quelli del “palazzo INCIS”, mai oltre le righe e sempre rispettosa dei buoni rapporti. È la memoria di amori nati sotto i portoni della piazza. È la memoria dei segni delle cannonate dell’ultima guerra, impressi fino a poco tempo fa sullo spigolo dell’INCIS. La memoria dei ragazzi che si radunavano sui gradini della Villa De Capua o sotto il bellissimo lampione al centro della piazza, che altri barbari hanno portato via. Potrei continuare all’infinito.
Immaginate infine come reagirebbero gli abitanti se un bel dì un’Amministrazione atea o agnostica decidesse di eliminare il nome delle strade che portano nomi di santi, a cominciare da via Sant’Antonio Abate?
di Donato Lagonigro