Alla ricerca del tratturo perduto
È l’Ateleta-Biferno, o meglio il Pietra Canale-Ponte Rotto, del quale almeno nell’Alto Molise sembrano essersi perse le tracce
di Francesco Manfredi Selvaggi (da ilbenecomune.it)
21 settembre 2018
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È l’unico tratturo che nasce nel Molise. Non deve ingannare l’attuale nome Ateleta-Biferno perché Ateleta è proprio al confine con la nostra regione e, del resto, la denominazione originaria è Pietra Canale-Ponte Rotto, con il primo termine rimandando ad una località, la Canale, di Castel del Giudice. Da questo paese in territorio molisano posto sull’opposta sponda del fiume Sangro rispetto ad Ateleta la pista tratturale attraversando l’ambito comunale di S. Angelo del Pesco raggiunge dopo poco il punto più alto di tutto il suo percorso che è Pescopennataro.
Siamo nella diocesi di Trivento e ci rimarremo a lungo, anche quando valicato il confine regionale che coincide con quello di Pescopennataro si entra in Abruzzo e ci si resta per un bel po’ per ritornare in Molise a Montefalcone del Sannio, nella medesima diocesi. Due annotazioni: la prima è che deve essere stato la brevità del tratturo iniziale nel Molise, solo 3 comuni, Pescopennataro, S. Angelo del Pesco e Castel del Giudice, ad aver determinato lo scarso interesse qui da noi che tanto puntiamo su tale patrimonio per questo pezzo di tratturo giustificato, peraltro, dal fatto che il vincolo storico apposto nel 1976 dal Soprintendente di Campobasso ha riguardato, e quindi garantito la conservazione, solo la rete tratturale rientrante nella nostra regione; in altri termini, deve essere sembrato privo di senso mantenere un segmento di tratturo che si presentava come un fatto a sé stante.
La seconda notazione è relativa al vescovato di Trivento, territorio di passaggio obbligato per tutti (salvo L’Aquila-Foggia)i tratturi lungo i quali, sulla «via regia», transitavano oltre alle greggi durante la transumanza, merci e persone; al tempo l’Appennino aveva una centralità nei traffici non esistendo ancora le grandi strade litoranee e, nello stesso tempo, era produttore di ricchezza, a cominciare da quella pastorale, tanto che il re di Napoli pretendeva di esprimere il suo consenso nella nomina da parte del Papa del vescovo di Trivento ritenendone strategico il ruolo.
Che tale comprensorio fosse di primaria importanza lo dimostra pure il fatto che il famoso condottiero Giacomo Caldora creò un autentico principato con centro Trivento il quale comprendeva anche l’angolo di Molise in questione controllando così i movimenti di uomini e animali, a cominciare dalla transumanza, e i relativi flussi economici; Caldora era un fautore, il maggiore, degli angioini la cui sconfitta nella guerra con gli aragonesi per il possesso del regno partenopeo determinò conseguentemente la caduta in disgrazia di questa famiglia.
Alfonso d’Aragona non si oppose acchè Cola di Monforte che lo aveva sostenuto nell’ascesa al potere (si schierò a suo favore nella battaglia di Sessano in cui personalmente Alfonso detto il Magnanimo sfidò e sconfisse Antonio Caldora, figlio di Giacomo) fondasse un proprio dominio con capoluogo Campobasso che divenne sede della Doganella, istituzione simile in scala ridotta, della Dogana della Mena delle Pecore di Foggia. Tutto questo per dire che quelle che ci appaiono oggi zone marginali come l’Alto Molise erano, invece, per via anche dei tratturi, circondari molto appetiti.
Torniamo al percorso tratturale Ateleta-Biferno rilevando che esso è, sia come punto di partenza che di arrivo, quello più a est perché gli altri, sempre con l’eccezione dell’Aquila-Foggia, attraversano il Sangro quasi alla sua origine, transitando sul Ponte della Zittola che ne è un affluente, mentre il nostro, nel caso che sia veramente Ateleta il posto in cui prende avvio, lo guada in una parte del suo corso più lontana dalla sorgente. Il termine finale è il Ponte Rotto sul Fortore e non il Biferno se preso per l’intera sua estensione e da quel momento in poi si è nel Tavoliere dove agli armenti verranno assegnate le «poste» in cui stazionare nel periodo autunno-inverno; anche in questo caso la terminazione del tratturo è quella maggiormente orientale nei confronti degli altri.
Nel complesso si riscontra una certa equidistanza degli approdi delle piste tratturali nel Tavoliere lungo la linea di demarcazione con il Molise e ciò si spiega con il fatto che occorre sfruttare tutta la superficie pascoliva della vasta distesa pianeggiante pugliese. Il nostro tratturo è quello la cui scaturigine sta più verso il mare per cui la sua conclusione deve essere più prossima all’Adriatico e così regolarmente accade; del resto, non sarebbe stato possibile un’altra soluzione, a meno di non volere che i tracciati tratturali si intreccino fra loro con conseguente confusione.
Bisogna far osservare anche che i tratturi seguono direttrici pressoché rettilinee, senza preoccuparsi tanto del territorio che solcano, ma badando unicamente a raggiungere la meta con la minor fatica, e il tratturo in oggetto conferma con il suo andamento tale regola per cui risulta essere una striscia di terreno dritta per quanto possibile, o, comunque, con limitata curvatura, che ai due capi ha Pescopennataro e Ponte Rotto.
La maglia tratturale presenta in effetti una curva, peraltro molto ampia, proprio nell’ambito in esame, ma riguarda un ramo secondario, il Tratturrello Ateleta-Sprondasino (che ha bisogno di svoltare per toccare Agnone) il quale insieme al Pescolanciano-Sprondasino sono gli unici due Tratturelli ufficiali presenti nel Molise; per quanto riguarda Sprondasino è da specificare che in questa località nella quale c’è un ponte sul Trigno, passa il Celano-Foggia sul quale, tramite appunto i tratturelli citati, convergono l’Ateleta-Biferno e il Castel di Sangro-Lucera.
Una griglia quella dei percorsi tratturali che si fa sempre più fitta se ci si inoltra nell’alto Molise e ciò si giustifica se si considera che qui si concentra essendovi le scaturigini la gran parte dei tratturi che poi si diramano seguendo differenti direzioni verso la Puglia, diventando tale rete man mano più lasca (il Braccio Trasversale Matese-Cortile-Centocelle cerca a metà strada di riannodarla) con i tratturi che sempre più si distanziano fra loro. L’Ateleta-Biferno, o meglio Pietra canale-Ponte Rotto, non è il tracciato tratturale più lungo in assoluto, ma lo sarebbe nella nostra regione se si includesse pure la porzione, invero consistente, ricadente in suolo abruzzese, poiché la taglia diagonalmente sommando in altri termini le assenze e le presenze.
Esso è, dunque, un elemento essenziale della rete tratturale la quale va vista nella sua unitarietà per cui mancando un tronco si perde la visione complessiva, non si riesce a comprendere la logica che la governa. Nello stesso tempo tale tratturo è fondamentale per ricostruire il quadro dell’economia alto-molisana, la quale era imperniata sull’allevamento transumante, che per un lungo periodo è stata tra le più floride della fascia appenninica centro-meridionale. Il tratturo, inoltre, è stato un veicolo di civiltà che ha portato in contatto i paesi montani con le città della pianura.
di Francesco Manfredi Selvaggi (da ilbenecomune.it)