Abruzzo e Molise nel ‘progetto nocciola Italia’
La Ferrero ‘cerca’ 20 mila ettari, recupero terreni in abbandono
di Pasquale Di Lena – fb
30 ottobre 2018
C’è un Paese che deve all’olivo tanta parte della sua storia e, da non molto, anche della sua notorietà e, soprattutto, della notorietà della sua alimentazione quale espressione, la più completa e autentica, della Dieta Mediterranea.
Deve, anche, tanta parte della sua salvaguardia di ampie fasce di territori, soprattutto quelli delle aree interne, della bellezza dei paesaggi e della salubrità degli ambienti, per non parlare della ruralità, che è un valore, e della permanenza di un mondo, quello contadino, che è la sola forza di contrapposizione alla fallita agricoltura industrializzata, che, ha lasciato e va lasciando, lungo il suo percorso, solo disastri.
Si vuole con quest’operazione della Ferrero – pur sempre una multinazionale anche se italiana – imporre sempre più e dare continuità nel paese delle dolci colline e stupende montagne, degli olivi e dei seminativi di qualità e identità, un modello di agricoltura fallito e, attraverso le acquisizioni e gli accorpamenti di terreni, cacciare i coltivatori.
Un Paese che ha bisogno, da qualche decennio, di 600.000 ettari di olivi per dare una risposta adeguata alla sempre crescente e nuova domanda del mercato globale, che vuole qualità e, non solo, anche diversità di olio extravergine di oliva. Una risposta che solo l’Italia può dare con dovizia di particolare, grazie al suo ricco patrimonio (563 varietà autoctone) di biodiversità olivicola. Un patrimonio imbrattato dal consenso e dall’iniziativa del mondo agricolo che ha fatto passare l’iniziativa degli oliveti super intensivi di marca spagnola. Non è un caso che tutti parlano di tutto in quanto a programmazione, ma tacciono su questa basilare necessità di un corretto e adeguato Piano olivicolo.
Un Piano che deve avere come priorità la certezza che non ci siano estranei ad appropriarsi di questa sempre più preziosa coltivazione, grazie alla bontà del suo olio extravergine, che la Ferrero, con l’aiuto della cooperativa di San Salvo, vuole sostituire con le nocciole. Si’ agli oliveti tradizionali captatori di CO2, No a noccioleti specializzati che, come monocoltura, stravolgeranno i nostri territori, a vantaggio di chi usa l’olio di palma e crea la ragione per la distruzione di foreste e di habitat per animali, non a caso, in via di estinzione, come la tigre e il mio amico Orangutan.
Qui appresso la comunicazione ANSA:
La Ferrero si prepara a investire in Abruzzo e Molise e propone agli agricoltori di piantare alberi di nocciola impegnandosi all’acquisto del prodotto a un prezzo minimo garantito per un periodo di diciannove anni. Si tratta del “Progetto nocciola Italia”: attualmente il leader mondiale della produzione di nocciole è la Turchia con il 67% della produzione, segue l’Italia con il 12%.
Sono circa 70mila gli ettari che attualmente vengono coltivati in Italia, la società di Alba vorrebbe farli diventare 90mila, una quantità che comunque farebbe fronte solo al 5% del fabbisogno della produzione mondiale di Ferrero.
Ivan Seri, responsabile Ferrero centro-sud Italia, ha presentato l’iniziativa all’Euro-ortofrutticola del Trigno, cooperativa nata a San Salvo nel 1971 che riunisce oltre 700 soci tra il basso Abruzzo e Molise per favorire aggregazioni di produttori o grandi produttori per partire con colture da 100 ettari per raggiungere nell’arco di cinque anni i 500 ettari. Il presidente della cooperativa Nicolino Torricella, vede questa proposta come una nuova possibilità offerta agli agricoltori e “non vediamo gli alberi di nocciolo sostituirsi a quelli di pesco, ma come una valida opportunità per quei terreni oggi in abbandono o utilizzati a colture a bassa redditività”.
Per il sindaco di San Salvo Tiziana Magnacca “è la possibilità offerta di diversificare l’attività agricola della cooperativa, può essere una buona occasione grazie alla presenza di un progetto di filiera”.
di Pasquale Di Lena – fb