• 23 Gennaio 2019

L’Argentina e l’italiano

Il destino della lingua italiana in Argentina e i risultati della sua fusione con lo spagnolo

di Paola Giunchi

23 gennaio 2019

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Pubblichiamo con piacere e per concessione dell’autrice uno studio di Paola Giunchi,  (1986), L’Argentina e l’italiano, «Italiano e oltre», il destino della lingua italiana in Argentina e i risultati della sua fusione con lo spagnolo – Prima Parte

1. Gli Italiani in Argentina

Ricostruire la storia della nostra emigrazione in Argentina sin dalle prime origini sarebbe molto difficile, ma senza dubbio dovremmo risalire all’epoca coloniale e con più esattezza ai primi del Seicento. In-fatti, benché non si conoscano date precise sull’arrivo dei nostri primi connazionali nel paese più italiano dell’America Latina, è certo che già nel 1607, quindi proprio nel periodo in cui la regione del Rio de La Plata iniziava a popolarsi, a Buenos Aires tra i 600 abitanti censiti oltre 50 provenivano da città e paesi della penisola, ed in particolare da Genova e Venezia. Possiamo quindi affermare con certezza che sin dal primo popolamento l’estesa provincia in cui si trova la capitale, fu meta di naviganti, commercianti ed esploratori italiani. Per molti evidentemente si trattò di un viaggio di sola andata, a giudicare dalle colonie che via via si andarono formando sia sulla costa che all’interno, prima fra tutte la prospera colonia dei marinai liguri di Buenos Aires.

La netta predominanza dei genovesi, trova conferma nei dati ufficiali del primo censimento degli stranieri residenti a Buenos Aires del 1804. Dagli archivi storici in cui sono trascritti i dati relativi alla provenienza, occupazione e condizioni economiche dei censiti, risulta che ben 96 erano nativi italiani: 54 dichiararono di essere genovesi, mentre i rimanenti, in ordine decrescente, indicarono il Piemonte, il Regno Napoletano, l’arcivescovato di Milano, Roma, Venezia, l’Emilia e la Sicilia come loro patria d’origine. Tra essi ci furono anche 15 che, in una sorta di patriottismo ante litteram, si dichiararono semplicemente italiani.

Ciò che forse sorprenderà è che i circa cento italiani emigrati erano distribuiti tra le più svariate classi sociali: commercianti, impiegati, operai, artigiani, braccianti, professionisti ed artisti. In genere prevaleva la tendenza a lavorare da soli o a unirsi ad altri provenienti dalla stessa regione. Negli atti del censimento i loro nomi compaiono già ispanizzati: i vari Giovanni, Stefano e Vincenzo furono registrati come Juan, Esteban e Vicente. Ma non è dato stabilire se ciò manifestasse una loro intenzione di naturalizzarsi argentini e di sentirsi parte integrante della loro nuova patria o se piuttosto non si sia trattato di un adattamento avvenuto nella trascrizione da parte degli addetti che raccoglievano i dati sugli stranieri residenti a Buenos Aires.

La presenza italiana in Argentina che come si è visto vanta radici molto antiche per un paese così giovane, ha assunto proporzioni molto rilevanti nel periodo che va dalla seconda metà del secolo scorso alla prima di quello attuale. Il caso argentino ha costituito un fenomeno uni-co, nel senso che in nessun altro paese del Nuovo Continente l’emigrazione ha mai superato così di gran lunga la popolazione locale. Osservando i dati relativi all’afflusso di emigranti in Argentina nel periodo compreso tra il 1871 e il 1930 ad esempio, si può vedere che gli italiani superano gli spagnoli in tutta la prima fase, addirittura triplicandola nel decennio 1881-1890. Oltre ad essere la più massiccia in senso numerico, l’emigrazione italiana ha costituito anche la componente più significativa, contribuendo in modo determinante alla formazione dell’attuale società argentina.

(Continua)

di Paola Giunchi

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