Signor Salvini, lasci stare il Rosario
“Ho imparato il suo valore, irrisorio e promettente come una carezza, un singhiozzo, un’imprecazione, un abbraccio”
di Marco Ronconi – Teologo e insegnante di Religione (da Jesus)
21 maggio 2019
Ho una devozione profonda per il rosario, che risale all’infanzia, al profumo delle sere di maggio, quando ci si trovava nei giardini del quartiere per recitarlo insieme ad alcuni adulti e alla fine restava sempre uno scampolo di tempo, un pallone, un pacchetto di biglie, per giocare fino a tardi, con un anticipo gratuito di tempo estivo. Sono molto grato al rosario, poi, per tutte le volte che mi ha permesso di abitare momenti difficili, accanto a un malato o intorno a una salma. In quelle occasioni le parole del rosario sono risuonate affettuose senza bisogno di essere spiegate, lenitive senza essere risolutive, sussurri per trattenere il silenzio senza abbandonarlo alla disperazione della solitudine.
Ho imparato in quei momenti il suo valore, irrisorio e promettente come una carezza, un singhiozzo, un’imprecazione, un abbraccio. Il rosario è sopravvissuto anche al tempo della spavalderia giovanile, quando di ogni pratica popolare si vede solo la possibile ipocrisia. Ricordo ancora quando all’epoca mi è stato mostrato che una preghiera non è una scelta eroica o un esame in cui primeggiare, ma un’abitudine da cui lasciarsi adottare; e quando non si sa come pregare, cioè spesso, meglio fare atto di umiltà e mettersi insieme agli altri, accettando di far parte di quelle carovane un po’ scombiccherate che sono i pellegrinaggi ai santuari mariani. E si recita il rosario, insieme. Tante altre volte, da adulto, per mettere ordine alla carovana di personaggi scombiccherati che abitano la mia anima, li ho messi tutti insieme a camminare dietro una croce, recitando un rosario. E sono andato avanti. Il rosario è popolare, si può recitare ovunque e comunque: non importa se assorti nell’ombra di una cappella o mentre si guida o si fa altro; non importa se ti aiuti con una catenella, o se dilati le decine perché la precisione dei polpastrelli lascia a desiderare. Ho amato definitivamente il rosario quando ho scoperto la tradizione delle 150 Ave Maria come sostituto dei 150 salmi per quei monaci che erano troppo poveri di erudizione per studiare i testi sacri, o troppo poveri di tempo perché impegnati nei lavori pratici. Il rosario è la preghiera di chi non ha ricchezze proprie e usa quelle degli altri senza troppo badare alle regole, mescolando le parole di un angelo con quelle di una donna palestinese, legandole a un’invocazione senza mittente, praticata da secoli di labbra. Il rosario è la preghiera dei poveri, la possono recitare tutti e offre cittadinanza a tutti.
>Per questo, Salvini non deve più esibirlo come garanzia di sé in nessun comizio, per favore. Perché nel momento in cui da politico giustifica la morte di innocenti inventandosi il reato di solidarietà, ma perdona l’evasione delle tasse di coloro che così facendo hanno rubato ai poveri; o nel momento in cui usa il rigore della legge per impedire la pratica dell’accoglienza, ma si gira dall’altra parte di fronte a occupazioni abusive di centri di tensione sociale come Casa Pound, o peggio cincischia di fronte alle nefandezze di criminali vestiti da tifosi di calcio; o nel momento in cui invita a prendersela con i «vescovoni» perché difendono gli ultimi attraverso il volontariato, ma non dà risposte a chi gli chiede della sottrazione di 49 milioni per cui il suo partito è stato condannato, in tutti questi casi il rosario brandito suona assai stridente. Salvini faccia quello che ritiene come politico: ne ha diritto. Ma non lo faccia in nome di quei simboli che, se invitano a mettere qualcuno «prima», non è certo un gruppo etnico o nazionale. Il rosario lo usi per pregare – può farlo ovviamente anche lui – ma mai per giustificarsi o giurare. Il Figlio di Dio, nato da Maria, perdona quasi tutto, tranne il dare scandalo ai piccoli. E non vale come giustificazione che lo fanno anche altri: si resta condannati ugualmente.
di Marco Ronconi – Teologo e insegnante di Religione (da Jesus)