Vacche senza campanaccio
Lettera aperta a quanti rifiutano la normalità del mattatoio
di Antonio Di Lalla (da lafonte.tv)
10 giugno 2019
Contro l’arroganza del potere ci può solo l’ironia. Oggi più che mai. Ha la stessa pericolosità dello spillo nei confronti di un pallone gonfiato. E così le lenzuola sui balconi d’Italia hanno dato la stura alle contestazioni di un ministro tutto fumo e niente arrosto. Oltre che un fenomeno di costume è da leggere anzitutto come lotta al potere. Salvini, questo legaiolo che nei tempi morti fa anche il ministro dell’interno, per emulare, non si sa fino a quando, il pifferaio magico della fiaba dei fratelli Grimm, non vuole essere disturbato e così ordina ai giannizzeri, povera polizia come è ridotta, di sequestrare i selfie non riusciti, di disperdere i contestatori, di ritirare striscioni che non lo osannano, insomma di spargere fiori dove appare lui. La reazione è stata meravigliosa; la fantasia si è sbizzarrita; è tornato di attualità lo slogan sessantottino: una risata vi seppellirà. E così i balconi si sono animati di scritte creative, sarcastiche, raramente ingiuriose, ma estremamente efficaci per ridimensionare un soggetto che cadrà, non passerà lungo tempo, e più in alto sarà salito più il tonfo sarà forte.
Abbiamo atteso le elezioni europee prima di andare in stampa, per dovere di cronaca. Naturalmente hanno vinto più o meno tutti, come si sente puntualmente nei commenti post-elettorali. Certo bisognerà far fronte, con maggiore impegno e nuove strategie, alla follia collettiva che si è infatuata di una persona senza arte né parte! Mai come questa volta i candidati non ci hanno degnato neppure dei loro bei faccioni sorridenti negli spazi elettorali rimasti semivuoti. La gran parte dei messaggi televisivi lanciati dai soliti leader andavano dall’inutilità dell’Europa unita all’Europa vista come vacca da mungere! Noi, proprio per questi catastrofici risultati elettorali, continueremo a lottare per un’Europa dei popoli che propugni accoglienza, solidarietà, fino a diventare uno stato di stati con una politica, un’economia, un progetto comune che non penalizzi le nazioni più deboli, ma anzi metta tutti in condizione di vivere una vita dignitosa.
È necessario uscire da questa fase di miopia descritta brillantemente da Pirandello ne La giara (1906). Un ricco proprietario che aveva comprato una grossa giara per conservarvi l’olio, inspiegabilmente, la trova in frantumi. Chiama il migliore artigiano che ha un mastice eccezionale per rincollarla. Il proprietario però vuole che la ripari in modo tradizionale e così il mastro è costretto a ricostruirla dall’interno. Purtroppo però alla fine dell’operazione non può più uscirne a causa dell’apertura tropo stretta. Nasce così la lite per il pagamento. Francamente non saprei a chi far vestire oggi i panni del possidente e a chi quelli del lavoratore, perché, indossati dai politici, i ruoli diventano interscambiabili, ma fatto sta che l’Europa la stanno riducendo come la giara, rabberciata e inservibile.
Se il governo nazionale, nonostante le liti quotidiane, tiene ancora è principalmente per colpa del PD. Non è un paradosso il tentativo di colpevolizzare quelli già castigati dagli elettori. Perché i 5Stelle dovrebbero staccare la spina se non viene offerta loro una possibile sponda? Il PD anziché atteggiarsi a sirena ammaliatrice con una melodia fatta di riforme, impegno operaistico, lotta al capitale, tasse in proporzione alla ricchezza, prosegue in una politica assurda molto più vicina al fu cavaliere Berlusconi. Si attendeva il rinnovamento, la fine del renzismo catastrofico, e invece tutto prosegue come prima. Se non rimette al centro la questione morale, morta con Berlinguer, non ci potrà essere alternativa per la quale spendersi. Renzi invitava a guardare mangiando pop-corn. Purtroppo bisogna costatare che le scorte non sono ancora finite!
In questi meravigliosi giorni, anche se insoliti per temperatura e pioggia, della festa patronale di Larino era stupendo veder sfilare oltre cento carri tirati da bovini. Al passaggio del santo patrono si fanno suonare tutti i campanacci che portano al collo gli animali per esprimere consenso, devozione, fedeltà in un’atmosfera di incondizionata adesione e assordante frastuono. Solo qualche bovino, privo di sonagli, sembrava fuori posto non partecipando al gaudio collettivo. Non so se per scelta o per compassione la mia simpatia è andata a quelle vacche senza campanaccio, vedendovi un modello per noi sempre pronti a fare da claque, da cassa di risonanza nei confronti del padrone di turno. Sono spaventato dalla normalità del mattatoio. Ma torniamo alla festa. Il presidente della giunta regionale ha stanziato 374mila euro per le carresi di tre paesi, perché giustamente vanno sostenute e finanziate le tradizioni, utili anche allo sviluppo del turismo. Quando e quanto stanzierà per la carrese di Larino? E per le feste degli altri 132 comuni del Molise quanto è disposto a mettere in gioco? In una regione in cui non accade mai nulla di imprevedibile, in cui non ci si indigna per la sanità ormai funzionale al cimitero, in cui si mantengono strade per impedire la comunicazione fra i paesi, qualche consigliere, anche in vista del sempre più probabile rimpasto, alzerà la voce perché non ci siano municipi figli e municipi figliastri
di Antonio Di Lalla (da lafonte.tv)