Eliminare l’evasione fiscale è un atto politico di giustizia sociale
La tutela da una tassazione troppo elevata non si fa con l’evasione, ma con l’azione politica tesa alla riduzione delle imposte
di Umberto Berardo
18 giugno 2019
L’evasione, l’elusione e la frode fiscale altro non sono che comportamenti giuridicamente ed eticamente inaccettabili e tenuti purtroppo da cittadini che in maniera fraudolenta si sottraggono al dovere sociale di pagare tributi allo Stato.
Chi prova a giustificare tale modo di agire considerandolo un sistema di legittima difesa rispetto ad aliquote troppo alte di tassazione sa benissimo di usare un falso sillogismo per difendere l’indifendibile; la tutela da una tassazione troppo elevata infatti non si fa con l’evasione, ma con l’azione politica tesa alla riduzione delle imposte.
Le modalità, le situazioni, le collusioni e le complicità dell’evasione sono alquanto articolate e ovviamente sono riscontrabili maggiormente nelle attività autonome considerato che i lavoratori dipendenti, ove non esercitino seconde attività in nero, hanno una tassazione con ritenute alla fonte.
Sarebbe scontato pertanto che i controlli dovrebbero riguardare proprio il mondo del lavoro autonomo e quello dell’economia sommersa verso i quali occorrerebbe intervenire con una decisione drastica che non abbiamo riscontrato sin qui da noi in nessun governo.
Uno studio condotto di recente dalla società inglese Tax Research LLP certifica che l’Italia, seguita da Germania e Francia, è al primo posto in Europa per evasione fiscale con 190 miliardi di euro di tasse evase corrispondenti al 23,28% di tax gap ovvero di rapporto tra fisco evaso ed entrate fiscali dello Stato.
Per essere più chiari il nostro Paese per ogni euro riscosso perde ventitré centesimi in evasione fiscale.
Si tratta di una cifra enorme che potrebbe, se recuperata, contribuire in maniera massiccia a risanare il pesante debito che tanti problemi ci sta creando nell’articolazione annuale delle leggi di stabilità.
Di fronte a tale situazione è del tutto evidente come nei circa tredici milioni di evasori totali o parziali esistenti prevalga l’interesse privato o familiare rispetto ai doveri pubblici verso la collettività e al senso dello Stato.
Diminuendo le entrate, il fenomeno crea gravi effetti economici che limitano servizi e welfare, ma pone anche risvolti etici con la creazione di concorrenza sleale tra operatori economici che sono ligi ai doveri e quelli che evadono.
Pure se alimentata talora da un’imposizione troppo elevata, l’evasione fiscale rappresenta a nostro avviso un reato grave soprattutto in quanto determina una forte ingiustizia sociale tra i cittadini.
I singoli Stati e la stessa Unione Europea non stanno facendo molto per evitarla o quantomeno ridurla; si tollerano anzi provvedimenti che permettono a grandi colossi industriali di stabilire la sede fiscale in Paesi come Irlanda, Lussemburgo, Svizzera o Olanda che ormai consentono agevolazioni vicine a quelle dei cosiddetti paradisi fiscali.
Gli effetti macro-economici sono la creazione di debito pubblico e il blocco degli investimenti per lo sviluppo economico che spesso rimane vicino alla crescita zero.
Tutto questo finisce per arricchire una ristretta percentuale di furbi e predatori mentre impoverisce la stragrande maggioranza della popolazione.
È necessario allora sicuramente ridefinire le condotte che configurano il reato di evasione e le relative sanzioni previste nel DLgs 74 del 2000, modificato dal Dl 138 del 2011, così come occorre pensare a una riduzione delle aliquote d’imposta purché esse non si appiattiscano, come nella proposta della flat tax, a vantaggio dei redditi più elevati, ma rimangano equamente progressive come prevede l’ar 53 della Costituzione.
L’Unione Europea dovrà sicuramente studiare con immediatezza forme di aliquote di tassazione capaci di uniformare i sistemi fiscali nei Paesi membri per impedire che alcuni tra essi siano penalizzati rispetto agli investimenti stranieri.
Le contromisure al fenomeno sin qui messe in campo, come il redditometro, l’adeguamento fiscale e il discusso e controverso scudo fiscale, hanno dato risultati sicuramente non soddisfacenti.
È chiaro che occorre immaginare sistemi di controllo che facciano emergere allo stesso tempo trasparenza e lealtà comportamentale.
C’è chi propone al riguardo ispettori comunali che possano controllare la congruità tra i redditi dichiarati dai cittadini e il loro reale tenore di vita; altri suggeriscono di agganciare un numero sullo scontrino fiscale a una lotteria nazionale per incentivarne il rilascio; taluni prevedono la possibilità di scaricare le spese per sollecitare la richiesta di fatturazione; previa autorizzazione della magistratura, qualcuno pensa pure, come ha sollecitato la Corte dei Conti, ad una verifica più attenta da parte dell’Agenzia delle Entrate sui valori conservati nelle cassette di sicurezza presso le banche; non manca poi chi prevede come deterrente un inasprimento severo delle pene fino alla reclusione con l’eliminazione in ogni caso della sospensione condizionale della pena.
È indubbio a nostro avviso che la prima cosa da fare è comunque l’abolizione di ogni forma parziale o totale di condono o, come si definisce oggi, di “pace fiscale” perché lo Stato non può venire a patti con l’illegalità e la mancanza di senso civico.
Servirsi dell’evasione per fare cassa come nel caso dei condoni non è accettabile né giustificabile di fronte a cittadini onesti che pagano regolarmente le tasse.
In altri termini risparmio illegale ed economia sommersa possono e devono emergere senza sconti di alcun genere che oltretutto rischierebbero di favorire attività illecite della malavita organizzata.
Noi pensiamo in ogni caso che per uscire da questa zona nera di mancanza di senso civico da parte soprattutto di potentati economici ora sempre più operanti sul web la strada non è tanto o solo la repressione dei reati fiscali quanto piuttosto la loro prevenzione con l’individuazione di strumenti che stronchino l’evasione nel momento in cui insorge.
Per questo occorre acquisire controlli informativi a livello nazionale e internazionale su conti bancari, investimenti, comportamenti e tenori di vita reali incrociando i dati in maniera efficace.
Utili al riguardo sono sicuramente già i sistemi di fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, ma la tracciabilità dei pagamenti, con il ricorso sempre più diffuso alla moneta elettronica e l’abbassamento della soglia massima di uso del contante a cinquecento euro fino a farla progressivamente ancora diminuire, può essere davvero lo strumento vincente nella lotta all’evasione fiscale.
Infine il sistema scolastico può e deve dare in tale direzione il contributo maggiore nell’educazione del cittadino al senso dello Stato e alla responsabilità sociale per il rispetto dei diritti comuni.
di Umberto Berardo