• 29 Gennaio 2020

EDIZIONE 2013 – LE IMPRESSIONI DEI MARCIATORI

Una serie di Proposte

Caro Giovanni,

Di ritorno dal Cammina Molise sento ancora l’eco delle risate, delle canzoni e ho ancora i profumi delle erbe selvatiche che abbiamo sfiorato lungo il cammino, e la bellezza dei paesaggi, in particolare il bosco per arrivare a Prato Gentile, con la sua nebbia surreale, i sorrisi delle vecchiette affacciate alla finestra.

Un grazie di cuore, Giovanni. Ho apprezzo molto il tuo lavoro, e come in modo del tutto disinteressato ti sei  impegnato per far conoscere la bellezza della nostra regione a chi non ha avuto la fortuna/sfortuna di nascerci.

Tuttavia come ben sai, io sono una irrimediabile ambientalista e penso che se vogliamo proporre un turismo sostenibile, a piedi, dovremmo porre particolare attenzione anche all’ambiente. Ecco quindi una serie di proposte per il prossimo anno:

L’acqua.

Lo so che l’acqua  è fondamentale, soprattutto nel mese di agosto, quando si cammina alle tre del pomeriggio in salita lungo i tratturi.  Ogni anno  mi piange il cuore nel vedere il grande spreco di bottigliette che a volte non vengono neanche finite dai marciatori, ma svuotate per prenderne di nuove con l’acqua più fresca, tanto è gratis!

Mi rivolgo ai partecipanti: abbiamo riflettuto abbastanza sull’impatto ambientale di  una bottiglietta di plastica, dal momento del suo imbottigliamento a quando viene trasportata, fino al suo smaltimento? Vogliamo veramente farci sommergere da montagne di rifiuti,  visto che normalmente una bottiglia di plastica impiega 5000 (cinquemila!) anni per essere smaltita?  Non potremmo usare la stessa bottiglietta più e più volte, e riempirla durante le numerose pause, nelle fontanelle del paese, o nei fontanili che incontriamo lungo la strada?  Chi fa abitualmente trekking  è abituato a organizzarsi  e parte con litri di acqua di scorta, perché non possiamo farlo anche noi?  Forse un buon compromesso  potrebbe essere avere sì l’acqua a disposizione, ma nel  furgone attaccare un grande cartello che contenga l’invito  a non sprecarla e a riutilizzare la stessa bottiglia il più possibile.

Il Quad

Collegato alla fornitura dell’acqua c’è la questione  del quad.  Molti di noi vengono al CamminaMolise direttamente da una città dove non è piacevole camminare, perché le macchine ci costringono a stare sempre all’erta. L’ultima cosa che vogliamo è respirare i gas di scarico del quad,  scansarci e subire il fastidioso rumore del motore. Ringrazio  di cuore a Maurizio che gli ultimi due giorni lo ha usato in modo intelligente, rimanendo sempre indietro, senza disturbare e se mai è andato avanti, lo ha usato solo  per recuperare chi si era perso;  diciamocelo, non è possibile che dopo mezz’ora dalla partenza già ci sia il bisogno di un nuovo rifornimento di acqua.

I gadget

Gli zainetti sono molto comodi,  io personalmente li uso permetterci le scarpe quando faccio la valigia. Ma ora ne ho a sufficienza. Potremmo trovare qualcosa di ”made in Molise” per il prossimo anno? Per esempio incaricare le vecchiette del posto a cucire borse all’uncinetto, o con la tela grezza, invece di comprare oggetti fatti in Cina?

Piatti e bicchieri di plastica

Potremmo mettere tra i gadget un bicchiere riusabile da riempire di vino ad ogni pasto e poi riporre nello zaino; è una modalità che ho visto in molte  manifestazioni enologiche, persino a Petrella e a Castelbottaccio. Io sarei persino disponibile a usare un piatto riutilizzabile per mangiare, soprattutto quando vengono  servite le pizzette, panini, stuzzichini ecc. Ho fatto varie esperienze (tra terra e cielo, festival della zuppa ecc) dove si  utilizzava la propria ciotola, è un piccolo sacrificio, ma alla fine non ci si lasciava dietro un mare di plastica.

Accoglienza nei paesi

Tenuto conto delle difficoltà organizzative ed economiche di piccoli paesi, potremmo  essere autonomi, almeno per il pranzo, ordinando  (e pagando)  il pranzo nei paesi dove dormiamo?  Siamo tanti e ognuno con le sue idiosincrasie, vegetariani, vegani, intolleranti al lattosio, intolleranti e basta..  Sarebbe tutto più semplice, si snellirebbero  notevolmente i tempi e si darebbe anche un aiuto ai paesi che visitiamo.

Tutto questo, caro Giovanni, non vuole essere assolutamente un ordine o una critica, ma solo uno spunto di riflessione. Resta da parte mia l’apprezzamento per quello che sei riuscito a mettere in piedi in questi anni. Per molti partecipanti, me compresa, il Cammina Molise è il fulcro delle vacanze, e camminare insieme, è  una esperienza veramente piacevole.

Un caro e grazie ancora

Cecilia Ruscitto


IMPRESSIONI E PROPOSTE

Giovanni!

Immagino che dalle nostre facce e dal nostro starti sempre attaccati avrai capito che ti sei fatto due nuovi “adepti”. La tua trovata non solo è bella, utile, socializzante, istruttiva, ma è anche geniale. Si: è piena di punti geniali! Farsi ricevere dal Sindaco, che sta lì ad aspettare che noi si arrivi è una situazione lusinghiera; perché è vero che al Sindaco non pare vero di poter pubblicizzare il suo paesino a tante persone della più varia provenienza ( e che quindi parleranno del suo paese nelle più varie parti d’Italia), ma ai marciatori lusinga essere ricevuti da quella che è comunque la massima autorità del luogo.

Lo stesso vale per gli esponenti della cultura locale, ai quali non par vero di poter far sfoggio delle loro conoscenze e delle loro ricerche, ma è parimenti vero che noi abbiamo ricevuto elementi della cultura locale dalle migliori anime di ogni paese!

La presentazione dei prodotti locali è poi un interesse ancora una volta comune per entrambi: per noi che riceviamo e per loro che mostrano.

Ecco, questo è geniale: aver intuito che c’è una domanda a fronte di un desiderio di offerta e mettere in collegamento le due cose, realizzando di costruire cose belle ad un costo bassissimo, con soddisfazione degli uni e degli altri. Geniale.

L’atmosfera poi che si respira è gradevole, dovunque si vada. Il che non è male, anche se i panorami e i passaggi basterebbero a se stessi senza chiedere altro.

Io, come t’ho accennato, ero sulle tracce delle mie radici: mia madre è molisana e dopo sessantasei anni mi è presa la smania di riconnettermi alle mie radici. Radici completamente ignorate, mai frequentate né viste. Silvia, la mia compagna, mi ha aiutato nelle mie ricerche che se con te sono state visuali, olfattive e gustative, nei giorni seguenti si son fatte documentali. A Guglionesi ho preso una grossa messe di informazioni al punto da poter iniziare un riallacciamento col mio passato. Per ora è solo un inizio, ma abbiamo conosciuto – credo – tutti quelli che sono in possesso di dati e che si interessano di Molise e di Guglionesi in particolare. La mia famiglia l’ho ritrovata, ho scoperto la cappella dove sono sepolti molti dei miei parenti, ho trovato gli atti di nascita e scoperto la casa di mia madre e dei suoi parenti. Ma ancora più interessante è stato entrare in contatto con le persone che lavorano e si impegnano per mantenere viva la cultura del paesino, da associazioni a privati, da pubblicisti a circoli.

Ma torniamo a noi. Io e Silvia già prepariamo le scarpe per il ventennale. Conta su di noi per qualsiasi cosa possa tornare utile all’impresa. Ricordati che quanto meno ho un circolo con 5.000 iscritti ai quali segnalerò per tempo la prossima avventura.

E ora qualche riflessione. A caldo voglio darti delle idee che la partecipazione al cammino mi ha suscitato:

1) ho sentito con quanto orgoglio hai detto che il prossimo anno cresceremo ancora, cha saremo il doppio!

Io ho perplessità su questo. Un’impresa che mira ad un incontro intimo con i luoghi e che si inserisce in un’idea di turismo ad “impatto moderato”, deve avere un numero limitato di partecipanti, pena perdere le sue connotazioni. La posta in gioco – stando a come la profili tu – è ambiziosa e doppia: da un lato (per noi) un contatto intimo con luoghi e persone (del tutto differente da quello dei tour commerciali); dall’altro (per i luoghi) la non alterazione dello spirito degli abitanti e  della destinazione dei luoghi. Soprattutto questo secondo aspetto è quello più triste e per altro ampiamente già accaduto e noto: da decenni piangiamo la perdita di panorami e paesaggi dopo la devastazione di cemento e infrastrutture, inevitabile risposta allo sbarco consolidato di orde di turisti che eleggono una località a meta “imperdibile”. Ho esperienza diretta di quanto accaduto in Salento, dove a morire, soffocata da oleografiche semplificazioni utili al mercato, è stata la cultura, la complessa, profonda, misconosciuta cultura di questo “popolo di formiche”.

Ho allora riflettuto su come potrebbe conciliarsi questa esigenza di “intimità” e di non alterazione dei luoghi (proprio al fine di conoscerli e lasciare che altri dopo di noi li conoscano nella loro autenticità) con la finalità di diffondere quegli stessi luoghi.

Dopo averci molto pensato, ho concluso che l’unico modo è la programmazione di più partenze del “Cammina Molise!”, ciascuna a “basso impatto ambientale”. I cinquecento  che ti auguri partecipino il prossimo anno io vorrei che fossero 1000! Ma distribuiti su più gruppi di massimo 150 persone, numero massimo per garantire  il contatto intimo con i luoghi, la possibilità di scambio con le persone, l’ascolto attento delle “cattedre” e la non alterazione degli ambienti e del sentimento dei locali.

Istituzionalizzare il “Cammina Molise!” aumenterebbe il potere di diffusione e non credo sia troppo più oneroso dell’organizzare un’orda in una sola marcia, orda per altro che rischia di mettere in crisi le capacità non solo di ospitalità ma addirittura di contenimento di un troppo alto numero (già quast’anno se non ti stavamo “appiccicati” ci perdevamo quello che veniva detto dalle nostre guide).

2) Più volte ho visto assalti alle tavole imbandite con i prodotti che “i locali” avevano preparato per noi. Assalti da parte di persone che spesso arrivavano a concepire di “immagazzinare” scorte non so se per il lungo inverno o per l’eventualità di una guerra, senza minimamente curarsi di chi veniva dopo di loro.

Ho poi anche sentito criticare a volte – e aspramente – la scarsa quantità delle offerte alimentari. Come se l’accoglienza fosse dovuta. Mi è parso di capire che voi date un contributo a chi ci accoglie. Non so a quanto ammonti, ma penso non cambi il rapporto tra noi e loro; voglio dire che non credo arrivi ad essere un mero contratto commerciale che cancelli del tutto lo slancio di accoglienza che mi è sembrato leggere sui visi dei locali. Quindi – a quanto ne so – almeno in parte si tratta di “doni”,  nello spirito antico dell’ospitalità. Pensarla  “dovuta”, criticarne la copiosità o la qualità mi sembra lontano dallo spirito di questi viaggi che dovrebbero essere più viaggi nello spirito che turismo commerciale.

Ho anche sentito fremere l’impazienza di alcuni quando le lezioni dei locali o dei nostri ambulanti si facevano troppo “lunghe”. Ma noi non si cammina passo passo per leggere con tempi lunghi gli ambienti? ascoltare le parole, tesaurizzare le immagini? essere stimolati nelle idee?

Se lo spirito è questo e se in questo spirito non tutti si ritrovano occorrerebbe:

o educare i partecipanti o selezionarli.

Capisco e so che l’ascolto è un atteggiamento oggi in disuso, un valore musealizzato, da lodare, ma come valore di altri tempi, bello, ma da lasciare nel sempre rimpianto tempo antico! Oggi vige l’efficienza e questa viene riconosciuta se le azioni sono veloci. L’ascolto è un atteggiamento lento. L’ascolto non è veloce. Quindi – per moderno sillogismo – non è efficiente. L’ascolto è una pausa appallante nel correre veloce della vita: clicco su wikipedia e sono certo di sapere. Che poi questo sapere sia mera informazione e non diventi sapienza – appunto per mancanza di tempi di sedimentazione e riflessione – non importa: ogni epoca ha le sue mode e le sue convinzioni.

Capire, capere, è contenere; un travaso dalla situazione a te, un travaso tra contenitori; dal discorso di qualcuno alla digestione nella tua mente. Capire, come ogni travaso, è un travaso lento. Capire prevede l’ascolto. “Informarsi” è nell’ordine di idee di un coito che corre all’orgasmo finale; l’ascolto è amore del percorso ancor più della conclusione. Le situazioni mi parlano e mi insegnano come prenderle e se del caso come trasformarle; i panorami mi evocano, mi suggeriscono, mi legano tra loro idee già nella mia mente; le parole delle persone aprono risonanze con parole già ascoltate altrove. E tutto si svolge con il dovuto tempo, con attese umili, anche se con l’esperta certezza del risultato.

Ora: per conoscere Sant’Angelo del Pesco non è che ci debbo andare! basta che consulto internet e ci trovo tante di quelle informazioni, tante di quelle fotografie, che manco Cristo in croce. Invece tu dici: andiamoci di persona!

Per andarci posso farlo con la mia macchina. La mia macchina tiene bene la strada anche a 190 all’ora! Ci arrivo in un attimo. Tu invece dici: andiamoci a piedi!

Ma allora tu sei un fuori moda! sei un uomo d’altri tempi! Tu vuoi ascoltare le cose, le strade, la gente, i panorami; tu vuoi annusare l’aria, capire le luci e il loro trasformarsi nel volgere del giorno, vuoi strusciarti, camminando, alle piante dei sentieri più stretti… Renditi conto: sono cose passate, per gente fuori moda, obsoleta! Le cose che proponi – per l’uomo moderno – sono delle palle allucinanti, di una lentezza allucinante, inefficienti. L’unico sprazzo di luce moderna viene dalle tavole imbandite, da quel sano e moderno sgomitare un po’, da quella concessione all’ansia che muove la nostra vita per la quale ad esempio alle tavolate facciamo le scorte, ove mai un’invasione di marziani ci tagliasse ulteriori approvvigionamenti. Arrenditi, Giovanni: perché le tue cose appaiano belle (belle nel praticarle, no nel parlarne seduti ad un aperitivo) perché le palle che proponi siano praticate con piacere, devi selezionare chi ti viene dietro. O prenderti la briga di educere da loro antichi ricordi dall’archeocervello, maxime la pratica dell’ascolto, del leggere la vita, leggere le parole altrui, gli oggetti, i manufatti, le pietre… Allora il viaggio diventa affascinante. Allora le tavole diventano un dono, uno scambio di accoglienza, le “cattedre” un nastro trasportatore musicale.

Come fare? Mah! Forse si potrebbe cominciare con l’evidenziare gli aspetti sopraindicati, esplicitando che il viaggio è soprattutto un viaggio dell’anima. Sono cose che non si esplicitano mai abbastanza. Io organizzo una vacanza studio in Salento da otto anni. Che sia qualcosa di diverso dal “fare” il Salento (“quest’anno ho fatto la Siria. Mi manca però da fare la Giordania”) ho voluto esplicitarlo con un preciso monito, anche se si evinceva da tutta la presentazione della proposta. Te lo riporto testualmente:

Si sconsiglia vivamente di scegliere questa vacanza solo perché a basso costo: questa vacanza è il tentativo passare una settimana insieme per godere natura e cultura, una settimana che lasci rinfrancati e arricchiti. Venire con altri intenti rischia di essere profondamente deludente e di rovinare l’atmosfera comunitaria e di studio anche agli altri.

…Ma questa è solo un’idea. Da qui al prossimo viaggio ce ne potranno essere tante! Però a mio avviso sarà bene trovarne.

3) L’arricchimento culturale. Ho apprezzato tantissimo le “cattedre”, sia quelle ambulanti che quelle trovate nei luoghi. Però ero convinto di incontrare nelle tappe anche musiche locali e balli e poi qualche racconto sulle tradizioni, sulle credenze, incontrare chi ci parlasse della lingua del luogo, dei proverbi, dei modi di dire.

La musica, invece, l’abbiamo portata noi e nessuno ha fatto parola di riti o tradizioni. Pensa che i musici di quest’anno avrebbero potuto insegnarci la “spallata”; lo so perché hanno fatto un breve seminario nel mio circolo. Non sarebbe interessante se dopo cena, una sera, tenessero una lezione? Il ballo accomuna: hai visto quanto s’è divertita la gente sotto la guida di Silvio in una semplice quadriglia! E se poi sui pullman distribuissimo fotocopie di canti tradizionali e ne facessimo sentire le musiche con la radio di bordo? Camminando per i tratturi potremmo allora cantarle, forti dei nostri musici che ci accompagnano e dei testi che abbiamo in mano. Sarebbe un modo per entrare nello spirito dei luoghi, perché non di soli panorami e di sole case sono fatti.

Quanto alla lingua e ai modi di dire (proverbi, termini) e alle consuetudini tipiche di una zona, c’è capitato per caso di confrontarci con Michele, impagabile testimone di un passato che se non registriamo ci perdiamo. E’ stato un momento del quale Silvia ancora parla ai suoi amici, uno dei momenti più interessanti e divertenti: Michele leggeva delle tiritere assemblate da lui per registrare termini in estinzione e modi di dire che riferivano usi passati. C’è stata la fortuna di confrontarci con una esperta di molisano; ma anche uno degli autisti, capitato anche lui nel dotto consesso per caso, ha detto la sua contribuendo alla involontaria lezione di lingua e costume. Ti garantisco: uno dei ricordi più divertenti e coinvolgenti del tuo imperdibile viaggio.

4) Ancora una riflessione di Silvia, anche lei come me entusiasta dell’esperienza. “Ci deve essere il tempo di accostare e quindi comprare prodotti locali, alimentari o di artigianato, un modo per conservare noi qualcosa di quella cultura, ma ancor più per lasciare un qualche guadagno immediato a quelli che ci hanno ospitato”.

E’ una bella riflessione: noi abbiamo comprato qualcosa solo una volta, rinunciando a una parte delle “cattedre”. Abbiamo allora pensato a come si potrebbe realizzare una cosa del genere. Abbiamo ipotizzato di dare più tempo nelle tappe in modo da permettere acquisti, ma abbiamo pensato a quanto si disperderebbe il gruppo alla ricerca delle botteghe e come quindi diventerebbe ancora più difficile rammassarli col tuo fischio. E poi di tempo già ne viene dato in abbondanza a mio avviso.

Mi è venuta allora l’idea di proporre alle pro-loco o comunque agli organizzatori delle “accoglienze” di permettere a produttori locali di mettere banchetti presso i luoghi di ristorazione. Il gruppo non si disperderebbe, non ci sarebbe bisogno di altro tempo. E magari i “produttori” potrebbero diventare “sponsor” dell’accoglienza, diminuendo così il carico economico agli organizzatori (e magari anche a te…).

5) Un’ultima cosa e poi ti libero: le moderne “macchine” che ci hanno assistito, protetto, rassicurato e… portato acqua, ci hanno – in parallelo – interrotto, ad ogni loro passaggio, il silenzio (che è la rombante voce dei luoghi) e gli odori ai quali sovrapponevano gli scarti del diesel, imponendoci per altro il loro anacronismo fuori luogo (credo che questa sia una esatta espressione: luoghi di milioni di anni e macchine spernacchianti, fastidiose parvenue che di anni ne hanno una decina).  Ma poi, perché rassicurarci? rassicurarci di che? I luoghi sono contro di noi? La Natura ci insidia? Rassicurarci che se non ce la facciamo più qualcuno ci raccoglie? Non basta averlo detto? Se ti rompi una gamba ti prendiamo e ti portiamo all’ospedale. Che altro serve? L’acqua? Ne hai nel sacco – e fresca! – quanta non ne avevano i pastori dei quali siamo sulle tracce. Fattela bastare! Questo viaggio è così. Non ti va bene? …Fanne un altro.

Non ti sembri spocchiosa questa mia posizione. E’ che ogni cosa dovrebbe avere una connotazione specifica. Anche questo non è moderno, lo so. La modernità vuole sapori uguali, musiche uguali, vestiti uguali, ritualità uguali, dove la diversità è una connotazione antica delle cose. Io sono per la modernità, ma vedo la diversità come un grande e imperdibile valore. Questo viaggio è così. E’ bello perché è così. E’ bello anche perché non è uguale agli altri.

Basta. Quanto ho detto spero ti faccia capire quanto abbiamo partecipato alla tua iniziativa, quanto ci abbia entusiasmato e quanto ci abbia deciso a essere tuoi sostenitori.

Con stima e affetto

Mario Casale e Silvia Fandavelli 


Per me è stata la prima volta

Salve.

Per me è stata la prima volta che ho partecipato a questa manifestazione e, devo dire, che mi sono trovato, non bene, ma benissimo; l’organizzazione è stata efficiente, gente molto cordiale, ed ho visto una parte dell’Italia che non avevo mai visitato, veramente una bella regione.

Sicuramente, la mia intenzione, sarà di parteciparvi anche per gli anni a venire.

Cordiali saluti.

Salvatore Lepre 


Per la prima volta a cammina, Molise!

L’esperienza del Cammina, Molise! è talmente ORIGINALE che non credo sentirete mai parlarne, a meno che non incontriate qualche sparuto pazzoide che vi ha partecipato almeno una volta nella vita e che può allora dirvi “Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare..”! Dunque, la mattina ci si svegliava, alle 6, si faceva colazione in albergo, ci si metteva in pullman per raggiungere il resto del gruppo (tutti alloggiati in altri alberghetti limitrofi), si veniva scaricati e ci si accingeva a percorrere i 2km che solitamente ci separavano dall’ingresso del primo paesino da visitare in giornata. In capo alla nostra lunghissima fila c’erano sempre i suonatori: tamburelli, chitarra, piatti, organetto, putipù, triccheballacche, e poi.. una sfilata di strumenti assurdi, come: un pitale (sì.. avete capito bene!!! Grazie al cielo almeno era VUOTO!:P) che produceva suono grazie ad un marchingegno che faceva sbattere giù e su il suo coperchio e una piccola botte a cui era stato attaccata artigianalmente una tromba ma che suonava come un tamburo (bah.. l’abbiamo osservato per giorni per capirne bene la dinamica, ma è ancora mistero!!!). La sfilza di musicisti in capo alla ressa di marciatori (ve ne renderete conto dalle foto) sembrava esprimere la stessa carica de “Il Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo, solo incentrata sulla gentilezza di una richiesta di ospitalità da parte nostra e sull’allegria portata da tutte le parti d’Italia per essere condivisa con la gente del posto. A molti (a giudicare dalle facce un po’ sconcertate che abbiamo visto e fotografato) questa storia non convinceva affatto e credo siamo cmq apparsi come la MINACCIA DI UN’INVASIONE! C’era gente terrorizzata che si nascondeva dietro le persiane al pensiero che l’orda barbarica fosse arrivata proprio sotto casa loro.. (Del resto siamo entrati in paesini di 160 anime quando noi eravamo quasi il doppio!) Altri invece hanno aperto la finestra e si sono lasciati cantare una serenata in coro e una vecchietta in particolare è stata tanto coraggiosa da uscire dal portone e mettersi a ballare vivacemente con uno del nostro gruppo!

A partire dalle colazioni e tutto il resto dei pasti.. che dire?! Tutto era gentilmente offerto dai vari comuni ed era rigorosamente SQUISITO! Si trattava di ricette del posto che lo staff del paese si era affaticato a cucinare e poi allestire su tavolate e piatti appositamente imbanditi per noi. Scene commoventi per dedizione, cordialità ed ospitalità. Le abbuffate hanno compreso cibo che PERSONALMENTE non pensavo esistesse o PEGGIO.. non credevo che fosse tipicamente molisano (il TARTUFO molisano è stata una scoperta!!! E ottima, perché mooolto meglio di tanti altri assaggiati finora. Per non parlare delle PALLOTTE – ovvero polpette di cacio e uova – CACIOCAVALLO, STRACCIATA – una sorta di burrata -, PEZZATA – lo so.. sono vegetariana!!! Però almeno l’odore della pecora cotta in brodo era buono! – e SCARPELLE – dolci di patate,farina e cannella fritti e poi cosparsi di zucchero). Dopo queste abbuffate degne di pranzi nuziali, ci rimettevamo in marcia un po’ assonnati ma anche un po’ felici all’idea di bruciare qualche caloria di troppo.. tant’è che c’è chi ha rinominato l’impresa “MANGIA MOLISE!” o peggio “SMALTISCI MOLISE!”. Alcune sfacchinate comprendevano delle strade irte, brulle, bianche, assolate e ghiaiose, simili a delle mulattiere anche in fatto di pendenza. Il primo giorno ci siamo trovati in una caspita di salita che sarà stata al 40% SOTTO AL SOLE e noi.. al 150% SOTTO SFORZO: sudati/disidratati/affamati/stremati! Poi però si riprendono altre forze con i pranzi. Ad accoglierci in questi piccoli borghi che sbucano a sorpresa dai labirinti di erba, sassi, fiumiciattoli e fieno sono la maggior parte delle volte.. i sindaci in persona! Con la fascia tricolore al collo e il megafono in mano ci hanno fatto gli onori della loro “casa”, ci hanno mostrato le loro “stanze” più belle e ci hanno fatto accomodare nei terrazzi da dove si godono i panorami più suggestivi. Altre volte, invece, sono stati i preti delle Chiese Madri a spolverarci le panche di legno (inutilizzate dalla messa dell’ultima Domenica) per riceverci con tante belle cerimonie (ma non cattoliche, stavolta) e a sostituire le abituali omelie divulgando al microfono fatti e aneddoti storico-artistici legati a quei piccoli gioielli architettonici (sconosciuti ai più) che si ritrovano a rappresentare. E che importa se nel racconto si è incerti su una data, se si è titubanti sull’esatta etimologia di una parola, se per l’emozione ci si scorda il titolo di un affresco o se non sovviene il nome di un particolare condottiero sannita? Noi siamo sempre rimasti affascinati dalle tante storie ascoltate, ed è un valore aggiunto il fatto che a trasmettercele non fossero guide professioniste ma persone intrecciate al loro territorio come in una trama compatta e indissolubile. Dopo lo sprint pomeridiano, la sera ci aspettavano cene fumanti in scenari che a volte sembravano enormi salotti all’aperto, con tavolate e panche di legno circondate da mura in pietra medievale e illuminate dalle luci calde delle lanterne. Non ancora stanchi, abbiamo partecipato fino a tardi alle cantate dei suonatori, ai balli popolari più tipici (quadriglie, saltarelli e spallate, non le solite pizziche, tarantelle e tammurriate) e siamo stati a volte anche spettatori di teatro itinerante per i vicoli dei paesi (Sogno di una Notte di Mezza Estate), oppure comodamente seduti in un anfiteatro fatto di caldissima paglia (quello che ci voleva, con le temperature glaciali di Capracotta d’estate!).

Mi stupiscono sempre le iniziative in cui dalla semplicità emerge un senso di meraviglia e di umanità.

Ho camminato per tantissimi km avendo sempre il fiato per cantare, perché l’entusiasmo trasmesso dai suonatori era una tentazione irresistibile. A causa delle medie di velocità più disparate, io mi sono sempre ritrovata vicina a persone diverse durante i lunghi tragitti e questo mi ha così permesso chiacchierate profonde, interessanti e anche molto divertenti con animi evidentemente affini al mio in fatto di sensibilità. Una signora sconosciuta (pur sempre del nostro gruppo) che mi ha vista senz’acqua, non ha esitato un attimo a cedermi con un grande slancio di solidarietà la sua. Ho ascoltato appassionata e divertita un racconto scritto da un signore molisano in cui comparivano termini e usanze in via (purtroppo) di estinzione, interrogandomi/ci sul modo in cui si possano mantenere vive e divulgare queste preziosità ormai tanto rare. Ho osservato con stupore quella vegetazione insolita (i cosiddetti volgarmente “cardi blu” sono stupendi!) che sembrava essersi plasmata apposta per noi in un lungo, fitto e morbido corridoio che ci avvolgeva per dirigerci verso la meta successiva. I panorami erano dei disegni di colline, balle di fieno, querce secolari, campi che da lontano diventavano quadratini di colori diversi e accostati l’uno all’altro come in un patchwork, legna accatastata per l’inverno seguendo uno schema d’incastro perfetto da fare invidia ad un puzzle. Ho interagito con una mucca a distanza ravvicinata (era scappata dal gruppo inseguita da un cane e da un pastore, ma alla fine della folle corsa ha poi ha scelto di fermarsi proprio davanti a me. Ci siamo guardate un attimo negli occhi, a pochi cm di distanza, e poi.. ognuna a recuperare la propria strada. E io ho finalmente ripreso a respirare.. ahaha!), con tante pecore, con tanti cagnolini-pastori e poi ho visto la liberazione in aria di due barbagianni e qualche daino nel bosco.

A guidare questo popolo di insoliti marciatori c’è stato un ammirevole e modestissimo Giovanni Germano, un architetto che – nonostante i suoi impegni lavorativi e familiari – ha sentito sempre più forte il richiamo della sua terra d’origine al punto che ha tentato di far lasciare le impronte su quella terra anche a persone ignare della storia, della natura, della cultura, della società, della politica e delle tante tradizioni molisane. In quest’ultima edizione sono state lasciate ben 540 orme sui tratturi molisani (il doppio di 270.. visto che ognuno di noi ha due piedini! Anzi.. considerate le bacchette da trekking e le 4 zampe di qualche cagnolino che ci ha seguiti: saranno ancora di più!) e credo che quella che nel 1995 era una scommessa potenzialmente fallimentare, oggi – grazie alla determinazione e al coraggio di questo signore – è una realtà da tenere sotto controllo per non far sì che i seguaci aumentino solo per fini interessati (vacanza a basso-costo, cibo offerto, trekking gratis, etc..). Giovanni Germano è un personaggio esemplare, per come si cura di ogni singolo componente del suo gruppo, per l’ “autorità umile” (su di lui non è un ossimoro) con cui sa riunire sempre tutti al momento giusto e per l’attenzione a sigillare il bel ricordo di quest’avventura con un piccolo e delizioso presente che ha voluto regalare ad ognuno: un pacco di Fusilli tipici molisani e una tazza in ceramica dipinta a mano da un’artista molisana con il logo e la scritta del Cammina, Molise! 2013.

Silvia Fandavelli


Un saluto e a presto

Ciao Giovanni,

sono Alberto l’amico di Cecilia, uno degli organizzatori della Lunga Marcia per L’Aquila.

è piacere ricevere la tua mail con tutti i splendidi ricordi di quest’estate.

Come sai, ho partecipato al cammina, Molise! non solo per motivi turistici, ma anche per studiare una buona pratica di valorizzazione territoriale oramai consolidata. Il cammina, Molise! mi ha colpito molto sotto molti punti di vista e di certo non tarderò a darti commenti, idee e suggestioni.

Se sei interessato, mi piacerebbe molto poterti dare una mano sia nell’organizzazione della prossima edizione, sia nel far si che dal lavoro svolto in questi 19 anni  nascano dei progetti di sviluppo regionali sostenibili nel tempo.

Ma di questo, quando hai tempo, mi piacerebbe parlartene di persona,

Un abbraccio

Alberto Renzi


Per poco e partecipavo anche io….!!

Il rammarico di un potenziale marciatore

Viviamo tempi di giovanilismo (a che età siamo in terza età in questo millenio..?), naturismo, mountain bike e di trekking estremo che, coniugati con la compulsione del far tutto, e con una offerta indifferenziata e debordante, ci portano a scoprire che il vicino di casa, smessi i panni feriali del grigio travet, la domenica cattura cinghiali a mani nude, papabile disciplina olimpica!

D’altronde se alle nostre signore necessita il personal shopper – per non parlar del trainer, situazione più inquietante – orientarsi e, alla fine delle cose, divertirsi e fare esperienze interessanti rappresenta un vero e proprio impegno per la ricerca, selezione e, diciamolo, serietà dell’offerta, attività che può impegnare una stagione buona (mi auguro quella cattiva…).

Privilegiato dal quarto materno di sangue molisano – target: Castelpetroso, per i più curiosi – e da corrispondenze frentane, il suggerimento di partecipare a Cammina, Molise! 2013, oltre che per l’austero portato del consiglio di seri Colleghi, ha fatto facilmente breccia negli aviti geni, non ultimo per un senso di appartenenza e pierinismo.

Volete mettere la soddisfazione di confrontarsi con azzimati amici in procinto di girare in bici la Borgogna, quando esponi il programma delle tappe nell’Alto Isernino, attraverso luoghi cult come Capracotta, in una regione che la gente a malapena colloca sull’atlante? Roba da Mastercard!

Ed anche la mia amica Anna, subito coinvolta  manu militari, che è personcina ammodo per indole e professione (non a  caso lavora nelle risorse umane da psicologa) nello spiegare a famigli e compagnucci le location e l’iniziativa, contemperava l’entusiasmo e la condivisione con una postura inconsciamente contrita della faccia del tipo “evabbèperilmolisebastalacartadidentità”.

Se penso che anni fa scrissi del Molise: “Territorio riconoscibile dalla ricchezza di molteplicità sedimentate, di contaminazione culturale, modi, sapienza artigiana che hanno permeato la storia sin dall’antico Sannio, radicando una identità complessa ma risconoscibile”  ne traggo che in analisi ci andrò senz’altro, o per la scrittura o per non avere capito niente!

Risparmio agli avidi lettori le vicende successive, i problemi last minute con un figlio adolescente, la signorilità degli organizzatori rispetto al buco di presenza, gli zaini mestante appiedati all’ingresso, e cerco di sintetizzare impressioni a distanza, scevre, spero, da rosicamento, come si dice da noi nell’Urbe.

A priori sento che la immediata accettazione dell’invito ricevuto sia stato dovuto non agli elementi, come dire, tecnici dell’evento, quali lo stare nella natura, l’attività fisica, la compagnia ed il sole di agosto; con tutta onestà si trova, sotto l’aspetto “scientifico” di tutto, di più e di meglio (anche se comunque non mi è chiaro perché se vai in Borgogna tutti dicono “Oh si, bello!” ed in Molise invece “Dovee?”).

La sensazione che ho avuto dal racconto dei miei amici organizzatori, collegato allo studio del sito di La Terra ed alla sufficiente conoscenza che ho dell’Abruzzo Inferiore (..carognata!) è stata subito diversa dalla prefigurazione di una vacanza salutista, in un bell’ambiente e con organizzazione efficiente: ha toccato “corde” più nascoste.

Avevo fatto, come dire, una scelta non per obiettivi, ma per immagini che sentivo accompagnate da frasi immateriali portate da refoli arcaici (!!).

Sentivo di calcare tratturi antichi e sofferti, circondato da campi in luoghi dove si leggono ancora gli epigoni di una cultura contadina radicata e partecipata, di passare per piazze, statue ai Caduti e convivialità semplici che, pur nella analogia della funzione, sono del tutto diverse dalle animazioni, i buffet e quanto l’offerta turistica predisponga al meglio.

Le conferme le ho avute, come dire, “in assenza”, sbirciando dal buco della porta virtuale di un PC, e devo dire che hanno corrisposto in pieno alle mie prefigurazioni oniriche, così come attestato la giustezza della sensazione di avere perso qualcosa di semplice, ma molto importante.

Dai video, i commenti,  le foto e le facce che le scandivano, sono certo che coloro che hanno vi/rivissuto questa avventura, che con magica semplicità si ripete da venti anni, hanno immagazzinato energie tutte positive, immateriali e non pesabili, forse anche desuete nel mondo attuale, ma assolutamente preziose e tonificanti; nella quotidianità ci servono strumenti di misurazione ben tarati, e qualcosa mi dice che l’ispido e forte “genius loci” molisano abbia anche questa volta fornito piccoli ma preziosi regali ai partecipanti, elementi per mettere in ordine alcune gerarchie nella propria esistenza e qui, vi assicuro, sono assolutamente serio.

Ciò detto state certi che questo articolo è un unicum, perché il prossimo anno, come diceva in una vecchia gag Montesano: “Me piazzo per tempo alli mejo posti!”.

di Gianfilippo Lo Masto


Cammina, Molise! 

Sono tornata.

Caldo sulla pelle. La casa in penombra.

Forse sono passati secoli. Il tempo è scivolato sul divano sul tappeto sui libri.

Guardo in giro alla ricerca di connessioni tra passato e presente. Abbandono il trolley nell’ingresso e mi dirigo verso l’antico abbraccio del divano.

Ma no. Meglio bere qualcosa.

Improvvisa si materializza l’immagine di una bottiglietta leggermente frizzante. Che non ho, che non ho mai avuto nella mia vecchia vita.

Apro il rubinetto, ascolto l’acqua e rivedo una cascata. Un po’ esigua a dire il vero ma molto alta e selvaggia. Nelle foto ha reso bene.

Le foto, non vedo l’ora di guardarle ancora. Le ho già imparate a memoria ma so che presto avranno un altro sapore. Saranno le testimoni immobili di tutto il movimento. Si tireranno appresso i pensieri le parole le aspettative le sorprese.

E la nostalgia.

Sì, perché sono tornata da 10 minuti e già pizzica e mi fa sentire nel posto sbagliato.

E mi accorgo di avere tempo. Potrei sedermi sul divano e rimanere lì fino a stasera e non succederebbe niente.

Vorrei dire sta cosa a qualcuno, così, mentre la penso. Il telefono ammicca ma anche solo l’idea di toccarlo mi deprime.

Cioè, parlare con qualcuno che sta da un’altra parte e che nemmeno vedo. Che magari è al bagno o nel traffico. Innestarmi nel suo spazio acustico come materia eterea e indefinibile fino a che i suoi neuroni non gli proiettano la mia immagine sul parabrezza. O sulle mattonelle del bidet, a seconda dei casi.

Rivoglio l’altra vita!

Vabbè, calma.

Ricade l’occhio sul telefono. Sembra un pelo più amico.

Potrei chiamare Livia: tu come ti senti?

Ma l’ho lasciata un quarto d’ora fa…Ci siamo salutate sotto il sole rovente intontite dal sonno. Grate a Salvatore che ci ha riportate a Roma. Che ci ha fatto entrare per due ore nel suo mondo privato oltre che nella sua auto. Mischiandoci a sua moglie ai suoi figli i suoi nipoti al genero lottatore ai canti alle auto alle partite di calcetto.

Tutto senza filtri tra noi che abbiamo condiviso un’avventura.

Ok, niente telefono e niente Livia. Ma mi devo sedere. Anzi stendere.

Oddio ho un flash!

Livia nel pullmann che ammucchia cose sparse. Tasso alcolico superiore a 0. Risate fino alle lacrime. Scarpe calzini giacche borse magicamente ricomparse dopo giorni d’oblio.

Mi mordo il labbro non sono sicura di stare proprio bene.

Abbiamo dormito pochissimo, ultimamente! Persino notti accompagnate da uno stralunato quanto strabiliante Shakespeare e risvegli all’alba. Che forse nemmeno dagli scout mi svegliavo tanto presto.

Ok, mollo tutto e mi infilo a letto.

Recupero.

Trascino i piedi nel corridoio lunghissimo anche se razionalmente non può essere, in una casa di 50mq. Aggiungo un tocco di condizionatore e mi tuffo nelle lenzuola.

Sì, non avevo scelta.

Mi abbandono alla morbidezza e soprattutto alla larghezza del letto. Mi dispongo stile omino vitruviano e chiudo gli occhi. E mi si apre un mondo.

Senza preavviso e ammucchiate mi assalgono le immagini i suoni i colori. Non aspettavano altro.

Mi si aggroppa la gola.

Riapro gli occhi e stanno ancora lì, technicolor sul soffitto.

Va bene mi arrendo e vengo sommersa…

…il pullman con la strada bagnata, le poesie in molisano, il teatro di paglia, la poesia d’amore dell’antico romano, il casalingo oratore, il caldo che picchia, il freddo imprevisto, le casette del borgo, il tramonto, le tavolate, la valle, la quercia, il fiume, i rotoli di fieno, le mele molisane, la piazza, i balli nella piazza, il GPS, la jeep, l’idromassaggio di notte, il sonno sui tavoli dei bar, i sindaci col tricolore, la banda, la pioggia, i barbagianni, gli animali impagliati, la torta gigante, la ricerca di cibo dei celiaci…

E poi, a valanga, le facce.

I sorrisi, i malumori, le risate, le storie, le vite. Il cammino accanto a uno sconosciuto che piano piano svolge la sua storia. E ti insegna qualcosa.

Lo spingersi in altri sentieri nascosti e profondi. Sentirsi per un attimo padroni della vita, di quella vita dell’uomo che attraversa la terra e si incontra.

Mi rotolo nel letto bollente. Lo so, sono vittima di allucinazioni. Erano solo quattro giorni, lo so.

E mentre mi addormento sul serio mi rotola dentro sta frase alla Baglioni:

un piccolo grande viaggio con un bagaglio di nostalgia…

Franca Renzini


Organizziamo delle escursioni domenicali verso il nostro Molise!

Caro Giovanni, sono Massimo D’Angelo. Ti invio delle foto per arricchire sul sito la cronaca dell’ultima edizione del Cammina Molise. Con l’occasione ti vorrei invitare a organizzare delle escursioni domenicali da Roma alla volta del nostro Molise, non dimenticandoci che quando siamo andati a Quadri non è stato possibile visitare l’area archeologica che  secondo me meritava attenzione. Ma in generale si potrebbe andare a visitare piccoli angoli che magari non è stato possibile vedere approfonditamente e che magari neanche lo sarà, nel contesto della nostra marcia annuale. Ovviamente se sarà possibile.

I miei più cordiali saluti e a presto.

Massimo D’Angelo


Cammina, Molise! 2013 (XIX° edizione)

Eravamo proprio tanti

entusiasti e scalpitanti,

con la gran soddisfazione

che qualcun della Regione

finalmente si sia accorto

di aver fatto un grande torto

ad ignorar completamente

un tal fiume di gente,

che il Molise ha attraversato

rimanendo affascinato!

Anche quest’anno ogni paese

ben ci accoglie a braccia tese

come a Roccasicura,

nonostante la calura,

una torta colossale

rende il pranzo originale.

Un’altra bell’emozione

vien con la liberazione

di notturni barbagianni

rilasciati senza danni.

Nella riserva camminiamo

e la bellezza ne amiriamo.

A San Michele, con passione,

sulle erbe una lezione

da Sonia viene impartita

come una scelta di vita.

Altro evento strabiliante

è il teatro itinerante

del bravissimo Sabelli

e dei suoi attor novelli,

col “Sogno di mezza estate”

faran certo molte date.

Tanta storia anche a Borrello

nell’agone che è un modello.

Del Rio Verde le cascate

da noi vengon conquistate,

lo spettacolo è grandioso

ed il tempo non è afoso,

ma minaccia un temporale

e sul pullman alfin si sale.

In effetti un gran diluvio

ce lo manda Giove Pluvio,

ma pane, olio e pomodoro

sono un ottimo ristoro.

Anche il tempo poi migliora

quindi camminiamo ancora

in un bosco che il vapore

rende proprio ammaliatore

ed alla fine del sentiero,

quasi non mi sembra vero,

c’è la visita a un giardino

del nostro caro Appennino

con le sue piante profumate

da tutti molto apprezzate.

Capracotta questa volta,

anche se dal freddo avvolta,

ci riceve con calore,

e ripara il vecchio errore.

La palestra che ci accoglie

soddisfa le nostre voglie,

poi persone stimolanti

dicon cose assai importanti,

ma ahimè il freddo ci attanaglia

e fuggiam dal teatro in paglia.

Quadri è proprio suggestiva

con il Sangro e la sua riva.

A Sant’Angelo del Pesco

tutto è molto pittoresco :

c’è la visita guidata

e dopo una gran mangiata,

con Elio tra i servitori

per sfuggir gli ammiratori.

Coi discorsi dal balcone

sale un po’ l’eccitazione

e gli applausi a scena aperta

sottolineano l’offerta

di un impegno giornaliero

per un futuro meno austero.

Dopo aver visto i meleti,

e scoperto i lor segreti,

le Melise fritte o in succo,

lasciano tutti di stucco,

noi speriamo che il mercato

a lor si apra deliziato

dal sapore sopraffino

di un prodotto assai genuino.

Borgo Tufi restaurato

ci ha davver meravigliato,

l’accoglienza senza pari

rende onore ai titolari

e questa bella iniziativa

merita diversi Evviva.

C’è anche la chicca finale :

un concerto eccezionale

del duo “Marquiños” scatenato

che ha suonato a perdifiato

percorrendo ogni angoletto

di un borgo quasi perfetto!

In breve, le nostre attese

non son state disattese,

e già comincia a scalpitare

la mia voglia di tornare

in questa regione amata,

ma purtroppo trascurata.

Le parole pronunciate

spero siano presto attuate

e l’anno prossimo vedremo

un Molise più sereno.

Simona Zacchini


Primavera nel Molise?

Le calde giornate ottobrine favoriscono il contatto con la Natura, nella suggestione di  un rigoglio che si spegne rivelando i colori più belli, sprazzo ridente di Vita prima del Sonno invernale che rigenera la Natura fino all’esplosione della Primavera.

>Una speranza si alimenta al pensiero che un Molise sopito finalmente si desti smagliante  con forza propositiva, con intelligente dinamismo dopo la fase troppo lunga di inerzia.Torna alla mente il logo eloquente di Giovanni Germano con l’invito tante volte gridato ‘Cammina, Molise!’, una scossa per uscire dall’ignavia di un letargo prolungato, un imperativo che, puntuale in agosto, riecheggia tra Paesi incantevoli nell’animazione estiva, destinati a tornare nella solitudine senescente e silenziosa.

‘Cammina, Molise!’ 2013 – diciannovesima edizione – un esempio di resistenza  per una Regione dove le iniziative belle e costruttive si accendono di luce di breve durata e lasciano le ceneri di interrogativi senza risposta.

‘Cammina, Molise!’ persiste: la fede degli Organizzatori e la loro determinazione sono tali da vincere contrarietà ed indifferenza sino ad attirare nella propria orbita anche i Molisani, mentre il numero dei partecipanti nazionali e stranieri si allarga anche per effetto di un passa-parola caloroso che rievoca i quattro giorni felicemente trascorsi tra boschi e colline con percorsi agevoli o accidentati in un Molise da sperimentare.L’appuntamento è irrinunciabile per molti appassionati Camminatori e dodici paesini sono pronti ogni anno ad aprire i sentieri e le piazze per ospitare con aria di festa e degustazioni tanto più appetite quanto più autentiche nella genuinità degli ingredienti, nella manipolazione di mani esperte, custodi di abilità e segreti tramandati dagli avi.

‘I Paesi dell’entroterra sono la vera ricchezza del Molise’ ripete a gran voce Giovanni Germano e l’appello, rielaborato per tanti anni, comincia a produrre i fiori della speranza ed i frutti dell’imprenditività.

Meno fatalismo, maggiore intraprendenza e migliore organizzazione, un orgoglio recuperato che ostenta consapevolezza, efficienza e propensione per un futuro che si vuole dinamico e vitale.

La generazione più anziana partecipa alla coralità canora e coinvolgente senza ritrosia; sempre più rare le Donne avvolte in abiti neri di lutto perenne col volto incupito a nascondere emozioni, a contenere il sorriso

Ragazze e giovani Signore si affacciano sorridenti, compiaciute delle serenate che sanno di antico.

Bimbi gioiosi danno speranza che la cittadinanza sopravviva.

Encomiabile l’operatività delle pro-loco bene organizzate per un’offerta schietta, genuina, di gusto antico nella veste di un’accoglienza improntata al sorriso ed al dialogo affabile.

Apprezzabile l’operatività dei Giovani decisi a conservare il Bene ereditato, potenziandone le risorse, esaltandone la storia e le caratteristiche ambientali.

Degni di fiducia gli Amministratori, Giovani determinati a sintonizzarsi col contesto territoriale sfruttandone le potenzialità in vista di un recupero agro-pastorale ed energetico che dia prodotti di nicchia e favorisca l’apertura sui mercati ed il flusso turistico.

Un esempio di Comune virtuoso é Castel del Giudice, i cui Amministratori con orgoglio fanno visitare l’estesa piantagione di mele, vantandone i pregi e la consistenza economica, nonché la realizzazione di un progetto preannunciato qualche anno fa tra timori e speranze.

L’albergo diffuso realizzato da un sano recupero di stalle abbandonate é una risorsa per promuovere un turismo di qualità; grande nella  semplicità, accogliente nella cordiale professionalità dei gestori, offre spazi idonei a ricomporre una vita comunitaria rilassante tra cibi saporiti, aria salubre e piacevoli conversazioni.

L’augurio che sia un seme di benessere ed un esempio trainante per altre Comunità.

Il sogno di Giovanni Germano condiviso da quanti accolgono il suo invito sembra aprirsi alla concretezza dell’operare proficuamente. Inizia forse la Primavera del Molise?

Un grazie a tutto lo staff operativo di ‘Cammina, Molise!’, che con altruismo e determinazione favorisce un’azione edificante di promozione e conoscenza di Contesti dimenticati.

Un grazie ai Collaboratori giovani, in particolare a Maurizio Germano, organizzatore dinamico, scattante e deciso; una garanzia ed una speranza per un’efficiente promozione ad ampio raggio attraverso l’utilizzo dei sistemi moderni di comunicazione; un Giovane che vive la globalizzazione con Animo forte di Valori, con  Mente protesa verso il Futuro del cambiamento e dell’Umanizzazione.

Enza Santoro Reale


– Le Tappe:

  • 1a Tappa 2013 – Forli’ Del Sannio (IS) – Roccasicura (IS) – Carovilli (IS)
  • 2a Tappa 2013 – San Pietro Avellana (IS) – Villa San Michele – Vastogirardi (IS)
  • 3a Tappa 2013 – Borrello (CH) – Pescopennataro (IS) – Capracotta (IS)
  • 4a Tappa 2013 – Quadri (CH) – Sant’angelo del Pesco (IS) – Castel del Giudice (IS)