‘Una scuola per restare al Sud’
In Salento nasce il movimento per fermare lo spopolamento dei borghi
di Paola Palazzo (da bari.repubblica.it)
31 gennaio 2020
L’obiettivo è coinvolge organizzazioni, docenti, cittadini e istituzioni per ridare spazio vitale ai borghi fantasma, vittime dell’emigrazione “forzata” delle fasce più giovani.
La Restanza. È la forma di resistenza del cittadino meridionale che non se ne va, ma resta. E, secondo l’antropologo calabrese Vito Teti che ha coniato questo termine, il cittadino non rimane con rassegnazione ma con sacrificio e propositività. Rimane per resistere. Dal 2009 al 2018, secondo l’Istat, il Salento ha subito l’emigrazione di 31.103 cittadini.
“Da decenni l’Italia è vittima del calo demografico e dello spopolamento per abbandono volontario o forzato da parte dei suoi abitanti. Ma è in atto anche una migrazione interna che, come una bussola, è pressoché unidirezionale e riguarda uno spostamento massivo di cittadini dalle regioni del Sud a quelle del Nord Italia”. Sono le parole di Gianluca Palma, che insieme all’associazione culturale ‘La scatola di latta’ ha ideato il progetto ‘Daìmon: la scuola per restare’
Una scuola che non ha porte né finestre. Non ha pagelle o attestati. Né compiti. Né calendari. Ma aule e banchi sono sostituiti da luoghi di apprendimento disseminati nei campi, nelle cantine e nelle botteghe del territorio pugliese. E, soprattutto, non terminerà mai.
È il Salento che riparte dalla “restanza”. Proprio la parola Daìmon porta gli stessi segni che definiscono il termine diaméno e che in geco classico significa proprio “restare”. Ma daìmon in greco significa demone e “Daìmon è il nostro demone – spiega Palma – è lo sguardo interiore, lo spirito guida che porta al riconoscimento e alla realizzazione della nostra individualità”.
Daìmon: la scuola che resta è nata dopo circa sei anni di passeggiate tematiche, iniziative aggreganti e incontri formativi “dal basso”, ed è una vera e propria scuola che coinvolge organizzazioni, docenti, cittadini e istituzioni. L’obiettivo di questo progetto è ridare spazio vitale ai borghi fantasma, vittime dell’emigrazione “forzata” delle fasce più giovani. “È fondamentale – sostiene Palma – preservare il patrimonio culturale e naturale dei piccoli centri, per tutelarne la produzione agricola, culturale ed enogastronomica, ovvero le loro connotazioni identitarie”. È un progetto permanente e itinerante allo stesso tempo, un viaggio attraverso i “luoghi madre” del territorio che non devono essere abbandonati ma riscoperti e valorizzati.
di Paola Palazzo (da bari.repubblica.it)