• 8 Gennaio 2021

Dove andiamo?

Lettera aperta a quanti vogliono perseguire la cultura della cura

di Antonio Di Lalla (da lafonte.tva)

08 gennaio 2021

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Buon anno
è l’augurio benaugurale che ci rivolgiamo ogni inizio di anno, facendo affidamento più su congiunzioni astrali e segni zodiacali che su scelte corrette dipendenti da noi. Troppo spesso preferiamo che le cose a noi favorevoli accadano, ci piovano addosso a prescindere dai nostri comportamenti. Ci ostiniamo su riti scaramantici anziché su impegni solidali. Il “gratta e vinci”, come pessimo gioco e stile di vita, purtroppo crea illusioni e dipendenza, mai inocula speranza di vita. Se è vero che al peggio non c’è limite, il 2020 è stato certamente catastrofico perché ha terrorizzato tutti i continenti e più o meno tutti gli inquilini del pianeta senza alcun rispetto per il censo e i ceti sociali. Un fotografo, a cui le persone puntualmente prima di essere immortalate dallo scatto chiedevano di fare loro una bella foto, rispondeva sempre che sulla pellicola si imprime la realtà per quello che è non per quello che vorremmo! La foto che la pandemia ci lascia evidenzia che il dolore e le morti anziché unirci hanno creato spaccature ancora più profonde tra le persone. Mostra con tutta evidenza che il taglio della spesa sociale, praticato dai governi, ha comportato di conseguenza che le scuole non sono adeguate a dispensare istruzione per tutti allo stesso modo (a Termoli anziché potenziare hanno cominciato lo smantellamento dell’università), che la sanità fa acqua su tutti i fronti, perché la salute non può essere messa nelle mani di manager né tanto meno gestita da privati interessati al profitto (ci sarebbero stati gli stessi morti e gli stessi disservizi se avessero aperto a Larino l’ospedale Covid, come chiedevamo in primavera insieme a molti sindaci?), che molte categorie di lavoratori non sono tutelate, che gli impoveriti aumentano e nel contempo i più ricchi pure!

Buon anno
potrà esserlo il 2021 se facciamo nostra “la cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro”, come chiede papa Francesco nel messaggio per la giornata mondiale della pace di questo nuovo anno. Cultura della cura significa anzitutto che la terra va coltivata e custodita non avvelenata e distrutta, quasi ignorando che è l’unica che abbiamo. Significa che i beni devono essere a disposizione di tutti, che sulla proprietà privata grava una ipoteca sociale, cioè che si può avere il superfluo solo dopo che tutti hanno l’essenziale, tanto che Agostino, una delle grandi menti dell’antichità, arriva a dire ai ricchi: non ti dico di dare qualcosa di tuo al povero ma di restituirgli il suo. La cultura della cura è promozione della dignità e dei diritti della persona, è porsi al servizio del bene comune, è solidarietà, riuscendo a vedere in ogni persona non un potenziale nemico ma un compagno di strada che ha eguale diritto a partecipare al banchetto della vita. Cultura della cura è “disarmare Dio” che non può mai essere usato per discriminare, demolire, eliminare l’altro e contemporaneamente disarmare noi smettendola di sostenere le assurde spese militari. Le guerre portano solo la pace dei cimiteri e mostrano il più forte o il più furbo, raramente chi ha ragione. Cultura della cura è declinare insieme libertà, uguaglianza e fraternità, per rifarci ai princìpi della rivoluzione francese più declamati che attuati ancora oggi.

Buon anno
per noi molisani è inchiodare alle loro responsabilità i politicanti che con scarso acume abbiamo eletto a sgovernarci nel consesso regionale. Osservate la maggioranza: si aggregano e si scindono come le nuvole in una giornata ventosa, incapaci pure di portare acqua. È pur vero che forse di migliori sul mercato non ce n’erano ma finché i cavalli se ne staranno nei maneggi, a correre saranno sempre e solo gli asini! Perché non cominciamo già da ora a individuare e sperimentare persone oneste e competenti per la prossima tornata elettorale? Mentre la gente muore perché non si può curare, assistiamo al rimpallo di responsabilità tra presidente della giunta regionale, commissario, scelto da un governo che lo ignora, direttore generale e giù fino al portantino che magari si atteggia a primario di reparto. Sarà un buon anno se incoraggiamo, supportiamo, costringiamo i sindaci a prendere sul serio la medicina sul territorio e a pretendere che venga attuata al più presto. Il primo obiettivo è quello di far funzionare finalmente le case della salute previste dalla legge, di smettere di finanziare la sanità privata a scapito dei cittadini, di evitare il più possibile l’ospedalizzazione, di garantire insomma il diritto e la possibilità di curarsi. “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano”, dice un proverbio, noi de la fonte non siamo da meno, cerchiamo allora di farlo tutti! Solo allora il Molise potrà essere diverso.

Buon anno
di lotta per dirottare la storia senza mai perdere la tenerezza. 

di Antonio Di Lalla (da lafonte.tva)

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