• 8 Gennaio 2021

La lunga mano dei Borrello a S. Maria di Canneto

Santa Maria di Canneto è una miniera di misteri che, però, con un po’ di buona volontà possono essere svelati

di Franco Valente – fb

08 gennaio 2021

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Chi era l’abate Rainaldo che lasciò il suo nome sul portale della basilica?
«ACADEMICIS FLORIBUS ADORNATUS»
S.Maria di Canneto è una miniera di misteri che, però, con un po’ di buona volontà possono essere svelati. A volte con sufficiente sicurezza, altre volte percorrendo strade complicate che hanno bisogno di ragionamenti articolati per arrivare a una conclusione accettabile.
Non basta interrogare le pietre. Bisogna scavare negli archivi e mettere insieme piccoli indizi che alla fine possono portare a dare una risposta ai nostri dubbi.
Abbiamo chiarito sufficientemente che la storia di questo insigne monumento è legata alle vicende di Montecassino che è stato il monastero da cui i monaci di Canneto dipendevano. Se vogliamo capire il senso di alcune cose dobbiamo scorrere gli annali di quell’abbazia per trovare ciò che cerchiamo.
La cosiddetta “cronotassi di Montecassino” (l’elenco degli abati messi in successione temporale) ci aiuta. Il nome Rainaldo è particolarmente diffuso nel medioevo, ma di abati con quel nome se ne trovano solo due.
Il primo fu abate dal10 febbraio 1137 al18 settembre 1137.
Il secondo dal 13 novembre 1137al 28 ottobre 1166.
Per una serie di considerazioni sui caratteri stilistici del portale di Canneto, dove è inciso il suo nome, potremmo sostenere che l’abate di Montecassino che fece realizzare il portale e rinnovare l’intera chiesa, sia stato il primo. Ma probabilmente non è così.

Di lui abbiamo pochissime notizie da Pietro Diacono che trascrive una lettera che l’imperatore Lotario inviava a Rainaldo nella primavera del 1137 per chiedergli di cacciare dai castelli del monastero i partigiani di Ruggero II.
Di lui Pietro Diacono riferisce a proposito dell’Altercatio pro cenobio Casinensi quando l’abate Rainaldo, nella sua ricostruzione, avrebbe parteggiato per la fazione romana. Certamente il suo abbaziato fu brevissimo, poco più di 6 mesi, ed è certamente difficile immaginare che in un lasso di tempo così breve e in un momento particolarmente complicato per il monastero abbia avuto il tempo per occuparsi di un’opera particolarmente importante e a notevole distanza da Montecassino.

Rainaldo II.
Invece abbiamo molti elementi per sostenere che il secondo abate Rainaldo abbia fatto ricostruire la basilica di Canneto. Probabilmente possiamo anche dare la data precisa della collocazione della lunetta del portale con il suo nome.
La sua vita è stata oggetto di numerosi studi a cominciare da Francesco Zazzera nel XVII secolo. Se ne sono occupati M. Inguanez, H. Hoffmann, F. Gastaldelli, R.H. Rodgers, M. Dell’Omo, J. M. Brixius, B. Zenker, P. Silanos, H. Bloch, T. Leccisotti, L. Tosti, B. Zenker, L. Fabiani.
Proprio da questi saggi è possibile capire anche la scelta molto particolare del carattere stilistico della lunetta e, forse, possiamo ritenere che alle decisioni del nostro Rainaldo debba essere ricondotta la realizzazione della singolare rappresentazione dell’Ultima Cena che, dopo varie peregrinazioni, è oggi sistemata sotto l’altare della chiesa di Canneto.
Rainaldo apparteneva alla potente famiglia dei Conti dei Marsi la cui epopea si intreccia e si confonde con quella dei Borrello che conosciamo per essere stati i protagonisti della storia del nostro territorio per almeno i primi tre secoli del secondo Millennio.
Era fratello di Oderisio, abate di S. Giovanni in Venere, di Berardo, importante monaco delle Tre Fontane a Roma, di Teodino, che gli successe a Montecassino, e di Balduino abate del monastero cistercense di Clairvaux.
Fu uno degli abati più importanti di Montecassino e la sua intensa attività lo portò non solo a riordinare i beni di Montecassino sparsi dentro e fuori dell’Italia, ma anche a tentare una riorganizzazione spirituale della comunità benedettina.
Di lui è nota la sua posizione anti-normanna. Una storia complicata che lo vide schierato con il papa Adriano IV contro il re Guglielmo il Malo che non esitò a invadere le terre di S. Benedetto guadagnandosi la scomunica papale.
Le acque poi si calmarono e Rainaldo ricavò utili concessioni dai papi che si successero.
Di queste cose parleremo a tempo opportuno. Ora interessa cercare di capire se tra i caratteri artistici del portale e dell’Ultima Cena di Canneto e la posizione politica anti-normanna di Rainaldo vi sia un qualcosa che li unisca.
Certamente è piuttosto singolare che un abate così potente decida di realizzare due opere che sembrano essere del tutto indifferenti ai caratteri artistici che i conquistatori normanni avevano introdotto e imposto nel Mezzogiorno d’Italia.
Se Rainaldo non avesse fatto scolpire il suo nome sulla lunetta avremmo avuto molte difficoltà a sostenere che si tratti di un’opera realizzata nel periodo della dominazione normanna.
Sia i racemi vitinei, sia le pigne d’uva, ma soprattutto i caratteri scultorei dell’Agnello e del Leone, farebbero pensare a un’opera che non sia successiva alla prima metà dell’XI secolo.
Sembra quasi che Rainaldo abbia voluto consapevolmente evitare di caratterizzare la lunetta con uno stile caro ai suoi avversari politici e abbia preferito attingere alla tradizione longobarda per definire gli aspetti formali del portale.
Egualmente per la pietra dell’Ultima Cena dove la figura dell’abate e i monaci sostituiscono Cristo e gli Apostoli.
Una rappresentazione di alto valore simbolico che sicuramente in origine costituiva l’architrave di del portale che, nell’ambito dell’antico monastero scomparso, immetteva nel refettorio dei monaci.
La pietra ha cambiato più volte posizione. Successivamente alla sua rottura addirittura fu usata come soglia della basilica e solo in occasione dei grandi rifacimenti recenti fu prima isolata e o poi utilizzata come altare della chiesa restaurata.

di Franco Valente – fb

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