Cantalupo nel Sannio
“dove Apenin la fronte altera mostra carca di neve a mezza estate”.
di Franco Valente – fb
23 febbraio 2021
Tra i luoghi che si attraversano senza conoscerne la storia vi è anche il Bivio di Cantalupo.
Oggi, andando a Campobasso, ci si può fermare, qualche minuto a prendere ottimi caffè nei bar nati sulla statale. Oppure per trovare ottimi fiordilatte o addirittura una birra speciale fatta sul luogo.
Ma se chiedete ai giovani del posto perché è importante quel luogo, difficilmente ricevete una risposta. Una volta a Cantalupo ci si passava per andare in Campania facendo un’antica via che, lasciato il paese e superata Roccamandolfi, permetteva di arrivare ad Alife. Una via che i romiti di una volta facevano malvolentieri per le grandi difficoltà che si dovevano affrontare, benché fosse la più breve per oltrepassare il Matese. Eppure i cartografi romani conoscevano quel bivio perché evidentemente da quel punto, da tempo immemore, partiva un diverticolo che permetteva di evitare l’aggiramento del Matese a chi, provenendo dall’Adriatico, doveva raggiungere l’importante centro di Alife.
Lo possiamo affermare con una certa sicurezza perché il luogo è segnalato sulla Tavola Peutingeriana, copia medievale del XII secolo di una carta stradale romana di epoca imperiale (III-IV secolo dopo Cristo).
La Tavola Peutingeriana è uno dei documenti più controversi della storia della cartografia antica in quanto (tutti sono concordi) vi sono riportati clamorosi errori.
Uno dei tratti controversi è quello che collega Isernia con Sepino.
A un certo punto è riportata una località AD LEFAS che corrisponde grosso modo al bivio di Cantalupo.
Non tutti sono d’accordo ma chi conosce quel territorio sa che tra Cantalupo, Macchiagodena e Boiano sopravvive un bosco che si chiama ancora oggi BOSCO ALIFANO.
Mi sembra ragionevole ritenere che il nome di questo bosco (oggi molto più piccolo di come era in origine) derivi dall’antico toponimo AD LEFAS (ovvero AD ALIPHAM) della Tavola Peutingeriana.
“Io qui, dove Apenin la fronte altera
mostra carca di neve a mezza estate”.
Con questi due versi Angelo di Costanzo, uno dei massimi letterati e storici del Cinquecento napoletano, descriveva lo scenografico fondale matesino di Cantalupo.
Nel 1549 egli si trovava nel paese, di cui era anche feudatario, perché vi era stato confinato dal viceré Pedro di Toledo che non lo voleva a Napoli per alcuni atteggiamenti evidentemente non propriamente graditi.
Qualche tempo prima, nel 1542, sempre da Cantalupo, Angelo di Costanzo scriveva a Pietro l’Aretino esprimendo apprezzamento per le opere “che produce il glorioso e felice ingegno vostro. E aggiungeva: M’hanno in tal modo abbastinati e sollevati gli pensieri, che se non fosse loro opposto il contrapeso d’una lite che m’é mossa sopra un Castello ch’io ho, già due anni sono, m’avriano per forza menato in Venezia”.
Di questo castello che turbava i pensieri del di Costanzo non vi è quasi più alcuna traccia, se non gli avanzi delle cortine perimetrali che oggi accolgono un gradevole giardino dai cedri maestosi e pluricentenari.
Sicuramente, come si riferisce nel “Registrum” di Pietro Diacono e nel Chronicon cassinense, Cantalupo era già fortificato con un castello nell’anno 1019 ed i suoi abitanti veneravano S. Andrea Apostolo nella chiesa a lui dedicata: “abitatores infra finibus de Bulano in castello qui Cantalupo vocatur … et ecclesia S. Andreae de Cantalupo, territorio bovianense”.
A Cantalupo la chiesa parrocchiale è dedicata al SS. Salvatore e Masciotta lapidariamente annota che il suo interno è diviso in tre navi, della lunghezza di m. 31, della complessiva larghezza di m. 18, e di un’altezza adeguata.
Non offre nulla di notevole. Invece l’interno è bello e viene tenuto splendidamente.
Bello il busto di S. Anna con Maria Bambina, anche se un cattivo restauro ne ha stravolto i colori originali.
Sugli altri altari S. Teresa del Bambin Gesù, S. Rocco.
Bello pure il portale con i caratteri stilistici di un settecento che nel Molise in qualche modo assume un che di peculiare per la sua estrema sobrietà.
Camminando tra i vicoli su cui frequentemente si aprono portali settecenteschi, si scopre che i De Gaglia, personaggi politici di rilievo a Campobasso e nel Molise, nacquero e vissero in questo paese. Ma certamente si rimane favorevolmente colpiti quando appare la casa di Alfonso Perrella che, come si scopre da una epigrafe posta sul portale, era di Cantalupo.
Chiunque abbia studiato il Molise necessariamente deve aver letto le opere di Alfonso Perrella che osservò la sua regione da instancabile viaggiatore e frequentatore dei salotti ottocenteschi più ospitali. Chi non conosce le sue Effemeridi o L’antico Sannio non può dire di sapere di Molise.
Scendendo verso la Statale si lascia la chiesetta dell’Addolorata dove, tra gli altri santi, è venerato S. Alfonso de Liguori.
Sulla piccola facciata una antica maiolica con la Madonna trafitta dalle sette spade ricorda: O VOS OMNES QUI TRANSITATIS PER VIAM ATTENDITE ET VIDETE SI EST DOLOR SICUT DOLOR MEUS . DITE UN AVE MARIA.
di Franco Valente – fb