La Chiesa della Natività a Guglionesi
Dai registri degli atti di morte di Guglionesi dal gennaio 1771 al 31 dicembre del 1793 sono registrate le sepolture nella chiesa
di Nicolino del Torto – fb
23 febbraio 2021
La chiesa della Natività di Maria, in origine San Michele Arcangelo, si trova nel centro storico del comune di Guglionesi e precisamente nell’area delimitata da vico Cini e vico Regina Giovanna. Nel secolo XV fu concessa con le proprie rendite alla Mensa vescovile di Termoli. Nel 1698 sorse a Guglionesi la congrega della Buona Morte a cui il Vescovo monsignor Michele Pitirri permise come sede la chiesa di San Michele Arcangelo. Infatti si trova scritto: “E poiché i congregati non avevano Chiesa, ove poter ufficiare, lo stesso Vescovo nel 1706 diede loro l’antica chiesa di S. Michele Arcangelo appartenete alla Mensa vescovile”. La congrega della Buona Morte era composta in origine da soli nobili e il suo statuto fu approvato e controfirmato fin dal 1698 dal vescovo Pitirri il quale per essere aggregato come fratello, donò alla congrega la reliquia di S. Armando.
La congrega fece fabbricare la nuova chiesa demolendo la vecchia di San Michele Arcangelo che “era vecchia e piccolina”. Nella facciata della chiesa, sopra il portale, si conserva ancora il blasone della Congregazione della buona morte. La congrega della Buona Morte, come suggerisce il nome, oltre a riprendere altri statuti antichi come la preghiera, l’assistenza e la cura dei moribondi, doveva pensare al recupero dei cadaveri abbandonati, i cosiddetti “morti di campagna”, sobbarcandosi gli oneri per la loro sepoltura cristiana. In realtà, le Confraternite della Buona Morte, devote a San Michele Arcangelo, svolgevano una molteplicità di opere di carità tra cui l’accompagnamento spirituale dei condannati a morte e il sostentamento delle donne povere. Per la Confraternita il risvolto più immediato era la certezza di essersi guadagnati la sopravvivenza ultraterrena, la vita eterna nel regno di Dio ovviando in tal modo al timore della morte. Il soccorso ai fratelli più disagiati e in generale a tutti i bisognosi, veniva visto come una “palestra di carità” attraverso cui i laici potevano esercitarsi in vista del giorno del giudizio divino. In altri termini, agire in modo misericordioso, è lo strumento infallibile per la salvezza dell’anima dalle fiamme dell’inferno. Partendo da questo presupposto, più umile era l’attività svolta, maggiore era la garanzia di vedere riconosciuti i propri meriti nell’aldilà. Da “Memorie della città e diocesi di Termoli” del 1753 scritte dal Vescovo Giannelli, sappiamo che la confraternita non aveva un abbigliamento particolare ed osservavano alcune cose: la prima, nelle feste, i confratelli recitano l’ufficio breve di Maria Santissima, la seconda, le rendite erano amministrate bene, con le quali mantenevano più Cappellani, la chiesa era pulita, mantenuta la sacrestia provveduta dei suppellettili.
Secondo quanto scritto dal canonico Rocchia: “La chiesa fu ridotta allo stato presente mercé dispendiosi lavori di restauro, eseguiti tra il 1711 al 1726 in stile barocco, ampliata e ridotta alla presente struttura e si adibì ad uso di Sacrestia quella che anticamente era la Chiesa di S. Michele Arcangelo”. Date le non buone condizioni in cui versava la chiesa, i congregati della Buona Morte e il Vescovo di Termoli decisero di restaurarla chiamando probabilmente i fratelli Gianni per eseguire i lavori che andarono avanti per quindici anni e che restituirono la chiesa come la vediamo oggi. La chiesa restaurata si presentava con l’altare principale dedicato alla Buona Morte commissionata dalla congrega della Buona Morte e due altari laterali: San Michele Arcangelo e Sant’Anna, nell’occasione sono state realizzare due tele che ornavano gli altari, San Michele Arcangelo e Sant’Anna. La tela di Sant’Anna è stata commissionata dalla famiglia baronale Cini, infatti, l’opera artistica “Sant’Anna con Maria Bambina” riporta in basso il blasone della nobile famiglia Cini; invece la tela di S. Michele Arcangelo è stata commissionata dalla Mensa vescovile. Oggi le due opere si trovano nella chiesa degli ex Cappuccini. La famiglia Cini, rimane nella toponomastica ottocentesca del centro storico di Guglionesi con il vicolo dedicato a Carlo Diego Cini il barone che divenne titolare del feudo di Portocannone costruendo il suo palazzo tra il 1735 e il 1742. La famiglia Cini pagava 72 ducati annui per il mantenimento della chiesa di San Michele Arcangelo, somma che probabilmente venne meno quando abbandonarono il paese. Infatti sempre Rocchia scrive: “Fu a’ nostri giorni che questa Congrega, perdute le rendite, decadde dal primiero prestigio, anche perché la sua povertà obligolla ad ammettere per Fratelli anche quelli che non fossero Nobili”. Infatti, della confraternita ne fece parte anche Giovan Battista Innocenzo Gianni che non era un nobile ma un maestro stuccatore che su poi nominato Priore della Congrega. Tra il 1746 e 1796, durante il lungo rinnovo dell’antica chiesa Madre, il Capitolo di Santa Maria Maggiore celebrò i riti religiosi e tenne le proprie adunanze parrocchiali nella chiesa di San Michele Arcangelo che, verso la fine del 1700 inizi ‘800 cambiò nome diventando “Natività di Maria”.
Dai registri degli atti di morte di Guglionesi dal gennaio 1771 al 31 dicembre del 1793, infatti, sono registrate le sepolture nella chiesa che è ancora chiamata San Michele Arcangelo. Troviamo scritto: “Giovan Battista Innocenzo Gianni il 6 maggio del 1780, dopo 70 anni, ha reso l’anima a Dio, il suo corpo è stato sepolto nella chiesa di S. Michele Arcangelo di Guglionesi”. La chiesa fu dipinta solo per un terzo e nel 1825 il Procuratore Nicolangelo Rocchia commise a Domenico de Simone il completamento delle altre parti. Il volgo chiamava la chiesa “chiesa della morte” perché al suo ingresso, chiusa da un cancello in ferro, c’è una sepoltura rettangolare profonda dove venivano sepolti i bambini poveri (tenendo fede allo statuto della Buona Morte) che in quel periodo morivano in gran numero date le generali condizioni di vita. I più vecchi raccontavano che quasi tutti i giorni suonava la campanella che annunciava il rito funebre per un bambino tanto che, nel dialetto popolare, la chiesa era indicata come quella dei “morti-cill” dove “cill” sta ad indicare bambini, piccoli morti, e non riferito a “morti-Cini” alla famiglia Cini. La chiesa della Natività di Maria è inaccessibile dal terremoto del 1980 che ha colpito la zona dell’Irpinia sebbene nel tempo vari interventi di consolidamento strutturale hanno posto in sicurezza l’edificio religioso. Attualmente l’immobile versa in precarie condizioni statiche dovute alle avversità meteorologiche e alle scosse sismiche succedutesi nel tempo.
N.B. Ringrazio la mia collaboratrice Rosanna Piccione.
di Nicolino del Torto – fb