Il Venerdì Santo
La tradizione dei riti sacri durante la Settimana Santa a Campobasso
di Pasquale Di Lena
1 aprile 2021
Stiamo al giovedì di passione. Anche quest’anno ci mancano gli apostoli, la lavanda dei piedi e la visita ai sepolcri. Mi auguro che sia l’ultima volta. Intanto, cerchiamo di rivivere, almeno nel nostro immaginario, la processione del venerdì di passione e il suo maestoso coro. Al riguardo, come promesso, accennerò brevemente alla storia della nostra processione, chiudendo con un mio brevissimo componimento che ebbi a scrivere qualche tempo fa mentre mi trovavo ai bordi della strada e mi commossi al passaggio dell’Addolorata e del Cristo morto.
“…L’origine della processione del Venerdì Santo risale al 1626 ed è citata in un documento noto come “istrumento di concordia tra i Crociati e i Trinitari”. La processione è una delle più antiche della nostra città ed è anche la più sentita dai campobassani che si ritrovano nella chiesa di S. Maria della Croce, che anticamente era sede della confraternita dei Crociati ed è oggi Rettoria. Essa si è svolta ininterrottamente nell’arco dei secoli, tranne in coincidenza dei conflitti bellici, per essere ripresa subito dopo la loro fine. Questa cerimonia solenne rappresenta il momento più intenso e commovente della Settimana di Passione in preparazione della santa Pasqua. Dietro il feretro del Cristo si accoda la maestosa corale, composta da circa 700 persone, vestite rigorosamente di nero in segno di lutto per la morte di Gesù Cristo, che canta il “Teco vorrei…”, ripreso, come gia detto, dalla Via Crucis scritta dall’Abate Pietro Trapassi, detto il Metastasio, le cui due prime strofe sono state musicate dal Maestro Michele De Nigris. Anticamente, però, questo canto processionale, intitolato “Inno all’Addolorata”, era eseguito solo da una banda musicale o da pochi strumentisti che accompagnavano la processione. Più recentemente, nel 1912, esso venne cantato nella chiesa della Trinità da un valente tenore fatto venire appositamente da Napoli, accompagnato coralmente da pochi cantori locali. In seguito, con il trascorrere degli anni, la crescente partecipazione popolare a questo cerimoniale sacro ha indotto le Autorità religiose a formare un coro solenne a cui affidarne l’esecuzione. Prima di intonare il canto, quasi a voler esaltare il momento maestoso del rito, tutti i partecipanti alla processione, partendo dal luogo di raccolta di Piazzetta Palombo, sfilano in rigoroso silenzio tra due ali di folla che li segue commossa. Questa greve silenziosità è chiamata “u murtuōrie”. Il coro ha visto, negli anni, il cambio di varie direzioni artistiche. Uno dei direttori più anziani è stato il maestro Lino Tabasso, rilevato subito dopo la morte, dal maestro Mimmo Fornaro. Più recentemente si sono alternati alla direzione artistica, prima il maestro Luigi Aurisano, poi il maestro di cappella don Armando di Fabio, quindi il maestro Antonio Colasurdo….”.
IL VENERDI’ SANTO
Lento incede il mesto corteo,
avvolto da nera, solenne regalità.
Maestosa, d’accorato inno a più voci,
s’eleva la profonda commozione corale
nell’assorto silenzio popolare,
che, devoto, la vive ai bordi della strada.
di Arnaldo Brunale – fb