Il Castello di Castropignano
Dove gli spiriti di chi lo ha posseduto, dai Sanniti ad oggi, ogni tanto si riuniscono per raccontare la sua stori
di Franco Valente – fb
16 aprile 2021
“ … Si sale, di sopra, al quarto nobile, mediante ampia ed elegante gradinata, che, dopo ben largo riposo, immette in una gran sala, resto dell’antico Castello, cui dappresso segue altra più piccola; e poi lo studio in due stanze, con di dietro l’armeria, e poi la cappella, ed il riposto; seguendo alla parte di Oriente una fila di stanze, che formavano il quarto detto del Signore, specialmente decorato nelle mira ricoverte con damaschi e splendidi arazzi in seta, e con gli usci a lucida biacca con dorature; e con all’estremo da un lato il loggiato, ed all’altro lato un ampio balcone, che dà luce a splendida stanza, senza enumerare i diversi camerini diservizio.
Al lato opposto, ossia a mezzogiorno e a tramontana si veggono molte altre stanze, suddivise a quarti e quartini; un di essi si chiama tuttora il quarto del Vescovo, perchè veniva abitato dal Vescovo di Trivento, che parente del Barone, veniva qui a trattenersi a lunga dimora. Le stanze quasi tutte a volta; con poche a soffitte, fra le quali ultime si distingueva quella della gran sala, opera a cassettone rinomata.
Nelle finestre, o nelle porte interne vi è profusione di travertino lavorato, con al di sopra degli architravi gli stemmi rilevati di famiglia, da ogni parte poi vedonsi li miri larghi e solidissimi; onde ben a ragione l’edifizio è a considerarsi un palazzo fortificato. Trovavasi abbondandemente e nobilmente arredato; ma caduto in amministrazione giudiziaria venne tutto denudato e poi venduto.”
(Michele Antonio Borsella (1818-1905))
“Piniano” (poi “Pignano”) è un toponimo che è collegato alla particolare forma della roccia su cui si appoggia il castello.
Il termine “penna” da cui è derivato il nome del castello, è tipico delle rocce appuntite.
La penna è una vetta rocciosa di forma aspra ed acuta. E’ ben rappresentata nella toponomastica dell’area centro-meridionale della penisola italiana.
Il termine traslato da “penna”, è da assegnare auna base prelatina collegata a “pinnus” che vuol dire acuto (Carla Marcato, voce “Penna” in “Dizionario di toponomastica-UTET”).
La roccia su cui si appoggia il castello di Castropignano ha proprio la caratteristica dell’essere appuntita.
Ma, a parte le suggestioni di un toponimo che da solo sintetizza la storia di questo luogo, Castropignano ha la fortuna di avere una carta d’identità certificata da documenti antichi di cui è custode, dopo complicate peripezie, l’Archivio Vaticano.
Alcuni di essi mettono una parola definitiva sull’origine del nome.
Documenti autentici che a volte dicono cose false.
E’ il caso della vicenda dell’abate Maione di S. Vincenzo al Volturno che, dopo l’invasione saracena dell’881, attestò il possesso di alcuni beni che egli riconduceva a una donazione di Gisulfo dell’VIII secolo.
Il documento è autentico, ma la dichiarazione probabilmente è falsa.
I documenti del Chronicon in cui è citato il monastero di S. Maria di Castagneto in agro di Castropignano sono cinque (n. 77 del 31 marzo – agosto 897, n. 185 del febbraio 1014, n. 187 del 30 maggio 1038, n. 203 del 10 giugno 1053, n. 204 del 2 marzo 1059).
Vediamo i fatti descritti nelle fonti più antiche.
Maione, che era stato eletto abate di S. Vincenzo al Volturno nell’aprile dell’872, seguitò nell’opera dei suoi predecessori, ma la nuova e decisiva incursione saracena dell’881 lo vide assistere inerme alla distruzione totale del monastero e all’eccidio di almeno cinquecento monaci. I pochi monaci superstiti, compreso lo stesso abate, non ebbero la forza di mettere mano in quella fumante desolazione e abbandonarono immediatamente le sorgenti del Volturno per trasferirsi a Capua dove fondarono un nuovo monastero retto dallo medesimo Maione fino al 901.
Tra le altre cose l’abate provvide a una ricognizione di tutte le proprietà che appartenevano all’abbazia prima dell’attacco saraceno che, come si ricorderà, era stato programmato dal vescovo napoletano Atanasio II.
Il contenuto della “Chartula” trascritta nel Chronicon sembra riferirsi proprio alla necessità di mettere un punto fermo alla definizione della proprietà del monastero di S. Maria di Castagneto.
Ora, a prescindere dalle questioni giuridiche, a noi interessa il riferimento alla localizzazione del monastero di S. Maria di Castagneto che viene posta nei pressi di “Castro Piniano”, attestando indirettamente che il nucleo abitato di Castropignano esistesse e che avesse un sistema di difesa particolarmente articolato perché viene definito “castro”.
La cosa non è semplice perché, sebbene possa essere ritenuta vera la dichiarazione di Maione circa l’origine della proprietà del monastero di Castagneto, la definizione castrense potrebbe essere riferita alla condizione dell’abitato di Castropignano quale era all’epoca di Maione e non all’epoca della donazione di Gisulfo I.
L’esistenza di una struttura castrense nel VII secolo (o comunque all’inizio dell’VIII) in quell’area sembra piuttosto improbabile e comunque sarebbe un fatto piuttosto singolare nell’ambito di un territorio che all’epoca di Gisulfo pare non potesse avere una struttura così complessa.
Questo è solo l’inizio della sua storia…!
di Franco Valente – fb