• 20 Settembre 2021

Il filo rosso della memoria

Nell’ambito delle GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO domenica 26 settembre a Duronia (CB) verrà ufficialmente presentato il Monumento Naturale “La Testa del Gigante”

di Dante Gentile Lorusso – fb

20 settembre 2021

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Ieri 19 settembre si è celebrata la festa di San Gennaro a Napoli, ma anche a Oratino da sempre in stretto contatto con l’antica capitale.
Sono particolarmente legato a questa ricorrenza perché la mia famiglia, da parte di mia nonna Saveria Giuliani, nel corso dei decenni, a tutt’oggi, ha organizzato la festa e la storia che segue mi è stata raccontata da mio padre.
SAN GENNARO A ORATINO, tra arte, storia e devozione.
Grazie al finanziamento privato messo a disposizione da un’emigrante residente a Cleveland, Ohio, città dove è massiccia la presenza della comunità oratinese, e alla sensibilità dei componenti del comitato curatore della festa di San Gennaro, dopo una settimana dalle celebrazioni, che ricorre ogni anno il 19 settembre, sono iniziati i lavori per il restauro conservativo della statua lignea di San Gennaro, opera appartenente alla chiesa di Santa Maria Assunta di Oratino.
Il culto del santo martire, indiscusso patrono della città di Napoli e comprotettore di Oratino, risale nel piccolo centro molisano al tempo del duca Gennaro Girolamo Giordano, che riesce ad ottenere la reliquia grazie all’intercessione verso il Papa Benedetto XIII, il quale nel giorno della festa concedeva Indulgenze plenarie, a tenore di un documento spedito da Roma il 13 febbraio 1727.
Forse è utile ricordare che il duca era particolarmente legato da un antico legame di amicizia al pontefice, già Cardinale di Benevento con il suo vero nome Pier Francesco Orsini, per averlo tenuto a battesimo, per questo motivo la stima e la devozione trapelano dal libro Inni sacri latini parafrasati in versi toscani, che il nobile Giordano da alle stampe a Benevento nel 1726.
Nella Copia dell’Inventario di tutti i luoghi Pij della Terra dell’Oratino (1728), si legge che il duca vuole edificare a sue spese nella chiesa parrocchiale di Oratino, un nuovo altare proprio nel posto dove sorgeva quello dell’Annunziata realizzato dai suoi antenati, per collocarvi a sua devozione la statua del Glorioso Martire San Gennaro, sostituendo definitivamente quella a mezzo busto in legno dorato.
È evidente dalle testimonianze riportate che il Giordano doveva riservare un grande culto per il protettore della sua città, il santo che nasce a Napoli o Benevento nel 250 e secondo la sua Passio fu imprigionato con alcuni compagni durante le persecuzioni di Diocleziano, nel periodo in cui era vescovo di Benevento, condannato alle fiere, venne successivamente decapitato nella solfatara di Pozzuoli nell’anno 305. Il culto di San Gennaro nel capoluogo campano, diventa particolarmente forte in occasione dell’immane e violentissima eruzione del Vesuvio avvenuta il 16 dicembre 1631, che spinse il fiume lavico a raggiungere il mare, distruggendo la maggior parte degli abitati situati ai piedi del vulcano e provocando circa 18.000 vittime ed in seguito nella terribile pestilenza del 1656, che porta Napoli, una delle città più popolate d’Europa con i suoi 450.000 abitanti, a poco meno della metà nel breve arco temporale che corre tra la primavera e i primi mesi dell’autunno.
Studioso di materie umanistiche e filosofiche, estroverso, brillante, abile nelle arti militari, introdotto negli ambienti letterali e scientifici di Vienna, Gennaro Girolamo Giordano muore per un violento attacco apoplettico nel Palazzo Ducale di Oratino l’11 settembre del 1733, per questo non porterà a termine il suo progetto, probabilmente concluso dai sui eredi.
La statua viene eseguita nella fase giovanile dallo scultore Silverio Giovannitti (Oratino, 1724 – 1788) e rappresenta una testimonianza significativa di un artista, che seppe raccogliere la lezione plastica aderendo al linguaggio di Giacomo Colombo, uno dei maggiori artefici attivi a Napoli tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo. Silverio, che si forma nella fase adolescenziale nella bottega del padre Nicola Giovannitti, diventa uno dei maggiori scultori molisani del Settecento, l’unico capace di operare in concorrenza con la straordinaria produzione del suo collega Paolo Saverio Di Zinno (Campobasso, 1718 – 1781), artista conosciuto nella nostra regione soprattutto per l’invenzione della macchina dei misteri che sfilano ogni anno nel capoluogo del Molise nel giorno del Corpus Domini.
Dello scultore oratinese si conoscono almeno una cinquantina di opere, disseminate nelle chiese di tanti centri della nostra regione, ma individuate anche in Abruzzo, Capitanata e nella provincia beneventana. All’interno della sua fiorente bottega, ubicata nella piccola piazza antistante la chiesa parrocchiale di Oratino, in un locale posto al piano terra di quella che era fino a qualche decennio fa la casa dei Giovannitti, caratterizzata dal mascherone inserito nella parte alta del portone d’ingresso, lavora come collaboratore anche il fratello minore Tommaso. In questo spazio non è difficile immaginare lo scultore lavorare tra pezzi di legno di tiglio, generalmente impiegato per la realizzazione delle statue, e tavole di pioppo utilizzate per la costruzione delle basi, mentre sullo “scanno” (banco con morsa, granchio, cane e carretto), sono allineati il “serracchio” (saracco), il “compasso”, il “mazzuolo”, il “morsello”, nonché una serie di sgorbie classificate a seconda della forma e dell’uso. Tra i ferri del mestiere si trovano il grosso “strancone”, i “tasselli”, i “semipiani” che servivano per sgrossare ed appianare i sottili “cavafondi” e “contrari”, utilizzati per affinare ed ottenere profondi canali.
Con molta amarezza va inoltre segnalato che il patrimonio d’arte presente nelle chiese di Oratino, ha subito nel corso degli anni un incessante depauperamento, basti solo pensare al rocambolesco furto messo in atto nei primi di maggio del 2003 ai danni della Madonna del Rosario, mutilata con l’asportazione del Bambino, una statua lignea eseguita da un giovanissimo Carmine Latessa (1690 ca. – Napoli, 1719), considerata dalla critica una delle opere più importanti della scultura molisana del Settecento.
Sul restauro del San Gennaro, opera in legno intagliato e policromo vanno fatte alcune considerazioni a proposito del suo stato di conservazione, infatti la scultura presentava notevoli attacchi di insetti xilofagi, ma anche una serie di cadute di colore e della preparazione a gesso. Visibili inoltre erano alcune considerevoli rotture e lacune della struttura lignea, proprio nei punti dove l’intaglio risultava più fragile.
Per non stravolgere l’aspetto attuale, l’intervento ha voluto conservare la pellicola pittorica di un precedente restauro ottocentesco, forse eseguito dallo scultore Crescenzo Ranallo (Oratino, 1816 – 1892), ipotesi confermata, almeno in parte, da una scritta rinvenuta nel corso dei lavori sulla base sotto uno spesso strato di ridipintura ad olio, in cui si legge: ”Restaurata a devozione del Deputato Luigi Giuliani nel 1879”.
Questo ritrovamento ha fatto scattare, nei ricordi accantonati in qualche piega buia e remota del cervello di chi scrive, un racconto ascoltato in età adolescenziale dal padre davanti al camino nelle rigide e nevose sere d’inverno. La storia era accaduta ai suoi nonni, un evento che può apparire per certi aspetti anche crudele, si incentra nell’impegno profuso nel corso degli anni, dalla famiglia Giuliani per la realizzazione della solenne festa di San Gennaro.
Capita che nel 1879, proprio la mattina del 19 settembre, giorno delle celebrazioni del santo vescovo, muore ai coniugi Luigi Giuliani, di professione scalpellino e Maria Cristina Brunetti, un bambino di soli due anni di nome Antonio. Nome assegnatogli in ricordo del nonno, un abile intagliatore di pietre proprietario della famosa e attivissima cava detta di “Tonn”, il quale proprio nell’anno della nascita del nipote, incide sulla chiave di volta del portale della sua abitazione il monogramma AG e la data 1877.  La coppia aveva assistito negli anni precedenti alla prematura scomparsa di altri tre bambini, morti non avendo ancora raggiunto neanche un anno di vita. Un evento drammatico che sconvolge i coniugi Giuliani responsabili dell’organizzazione dell’importante festa oratinese, per questo decidono tra lacrime, atroci dubbi e sofferenze di occultare e non proferire parola del piccolo cadavere in quell’atteso giorno, nascondendolo sopra un giaciglio all’interno del soffitto della loro abitazione ubicata nelle poche case in via Ospedale. La festa andò avanti per tutta la giornata tra sorrisi forzati e momenti di indicibile dolore rotto soltanto con un pianto liberatorio a tarda serata, quando tra gli ultimi rumorosi colpi di fuochi pirotecnici, i due sfortunati genitori danno l’infausta notizia, mentre i numerosi forestieri giunti dai paesi limitrofi si preparano per il ritorno a casa su carrozze e sgangherati carretti trainati da asini e muli.
Il giorno successivo il bambino fu accompagnato al cimitero da una folla di gente commossa, tra le dolenti note della Marcia funebre di Chopin intonata dalla banda, rimasta ad Oratino per l’ultimo commiato al piccolo Antonio Giuliani.

(Nella foto: Processione di San Gennaro a Oratino, primi anni del Novecento)

di Dante Gentile Lorusso – fb

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