• 3 Novembre 2021

Una nuova economia per il rilancio della montagna

La storia di NEMO. Una realtà che intende contribuire alla rinascita di un diverso modello di economia montana, mettendo al centro le relazioni umane, le persone, gli antichi saperi e le moderne ricerche universitarie

di Daniel Tarozzi (da italiachecambia.org)

3 novembre 2021

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Quando un nome racchiude perfettamente l’idea di un progetto, di una visione, di una moltitudine di azioni. Negli stereotipi e nell’immaginario comune, la montagna è un luogo bello e dannato, in cui andare a trascorrere qualche giorno di vacanza e da cui fuggire perché la vita è impossibile, mancano i servizi, non è arrivata la modernità.

Ed ecco che centinaia di piccoli centri si spopolano e tradizioni secolari si perdono. Eppure, per tornare a far vivere la montagna non bisogna guardare solo indietro, ma anche e soprattutto avanti! Non occorre, quindi, solo cercare di fare ripartire faticosamente antiche forme di economia, ma soprattutto svilupparne di nuove. Nuove economie di Montagna.

Queste idee hanno mosso Francesco Di Meglio quando – rientrato in provincia di Cuneo – ha cominciato a riflettere su quella che poi sarebbe diventata NEMO. Francesco voleva mettere in relazione le reti economiche di un territorio con le opportunità sociali e culturali che lo stesso esprime ed ecco che – dopo circa 18 mesi – nell’agosto 2019 da vita all’associazione, grazie anche al contributo di Banca Etica e del collegio Carlo Alberto di Torino.

L’obiettivo era promuovere un’economia inclusiva socialmente responsabile e ambientalmente sostenibile. Da subito Francesco è stato accompagnato in questo percorso da molte persone. Alcune di queste stanno ora dando vita ad una cooperativa (sempre con lo stesso nome). Tra queste Pietro Cigna.

Pietro, appena terminato il suo percorso di formazione in Norvegia, voleva combinare quanto avevo studiato con il suo territorio, le sue montagne.

Tra i motivi determinanti, nella scelta di Francesco, invece, la necessità di ri-equilibrare le fatiche di un lavoro di operatore sociale a stretto contatto con le persone, con un rapporto più stretto con l’ambiente. «In questo modo – ci racconta – riesco a conciliare il lavorare con le persone senza diventarne vittima».

Nonostante il forte legame con il territorio cuneese, NEMO vuole portare il suo approccio di ricerca-azione in tutti quei territori che hanno le stesse caratteristiche. Territori di margine, fragili, interni, con un alto potenziale poco valorizzato. «Noi agiamo nel cuneese perché ci è stata data la fortuna di nascere qui – continua – Il cuneese è una terra di pensatori, un angolino d’Italia dove sono pochi gli scambi con il resto del paese, ma è anche un luogo che ti permette di avere a portata di mano risorse straordinarie».

Ho detto prima che NEMO vuole portare un approccio di ricerca-azione. Questa esigenza nasce dalla constatazione che molte politiche a favore della montagna hanno fallito perché sviluppate in contesti urbani: «Si partiva dalla teoria per poi applicarla – ci spiegano Francesco e Pietro – e quando la realtà non rispondeva come ci si aspettava si dava la colpa alla realtà sbagliata anziché mettere in discussione determinate politiche; ecco perché vogliamo ribaltare questa prospettiva a partire da una presenza sui territori, dialogando con le realtà che ci vivono e ci lavorano e analizzando i contesti, sia in maniera informale – attraverso le relazioni con le persone – che usufruendo degli strumenti che abbiamo a disposizione, dalle ricerche scientifiche e pubblicazioni».

Cercano quindi di stimolare combinazioni generative sui territori, mettendo in relazione soggetti che arrivano da provenienze diverse, e contemporaneamente vogliono “mescolare” i percorsi che i vari soci di NEMO hanno sviluppato negli anni in giro per il mondo con le esperienze prettamente montane.

Tra i loro obiettivi, quello di far ripartire l’agricoltura nelle valli cuneesi: «C’è abbondanza di terreni che potrebbero essere messi a coltivo per andare incontro alle necessità alimentari delle persone che vivono qui. È affascinante pensare di farlo con meccanismi diversi da quelli del mercato – in cui c’è un produttore che produce in maniera intensiva e poi vende tramite intermediari – cercando invece di creare meccanismi di produzione che mettano insieme le persone, destinate a divenire parte attiva di un meccanismo di produzione che premia e incentiva il cibo sano, realizzato rispettando l’ambiente e in armonia con il territorio».

Ma non è tutto. Al centro degli obiettivi di NEMO c’è l’incontro con i percorsi di studio universitari per permettere – tra le altre cose – l’emersione delle potenzialità delle persone che nascono in montagna e che non per forza devono trovarsi a fare i pastori o agricoltori. Occorre, quindi, sviluppare quell’infrastruttura che permetterebbe di realizzare i dettami dell’art. 3 della costituzione che dice che ognuno dovrebbe essere in grado di esprimere le proprie potenzialità.

«È difficile immaginare qualcosa di diverso dove c’è già tanto – conclude Francesco pensando alle città in cui ha vissuto – È questo che mi attira dei luoghi di montagna: qui c’è lo spazio necessario per immaginare qualcosa di diverso, che vada oltre il sistema dominante. Mi piace pensare che non sia una lotta in cui un sistema vince e uno perde, quanto un lento processo in cui una nuova alternativa, piano piano, soppianta il sistema precedente per poi divenire più forte, più vivibile e più sana per le persone».

di Daniel Tarozzi (da italiachecambia.org)

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