Urge il guardiano del fiume
Sono a tutti noi ben note le numerose trasformazioni e alterazioni operate a discapito dei tanti, fondati equilibri su cui si reggono le sorti di delicati aggregati naturali
di Angelo Sanzò (da lafonhte.tv)
16 novembre 2021
Il Periodo geologico che stiamo vivendo, ormai ufficialmente riconosciuto anche dalla comunità scientifica internazionale, come ANTROPOCENE, presuppone uno stretto, inevitabile e interconnesso rapporto tra la specie umana o, per meglio dire, il suo agire e la sempre maggiore e delicata complessità degli equilibri naturali, sia esistenti che previsti e/o prevedibili nel futuro prossimo e remoto. Diventa, pertanto, di fondamentale importanza, specialmente nelle aree geografiche come il nostro Paese, sufficientemente estese in latitudine e altrettanto variegate in altitudine, tenere nella giusta considerazione la presenza dell’Uomo, con tutte le sue attività attinenti alla particolare influenza nei confronti della natura, in tutte le sue specificità e i suoi variegati aspetti.
Sono a tutti noi ben note, infatti, le numerose trasformazioni e alterazioni operate a discapito dei tanti, fondati equilibri su cui si reggono le sorti di delicati aggregati naturali, a cominciare da quelli fisici, come pure per la stabilità chimica delle sostanze coinvolte, nei tanti processi presenti in natura. Ogni singola interconnessione, ad esempio, tra le risorse botaniche e il mondo zoologico associato, se mal posta, può compromettere, anche irreversibilmente, l’insieme delle più o meno importanti condizioni afferenti un ecosistema.
Tra i tanti congegni naturali conosciuti, quello che verosimilmente permette meglio di osservarne la complessità, nell’ articolazione dei suoi componenti, può essere considerato, con ragionevole valutazione, l’ecosistema fiume. La ricchezza naturalistica di un corso d’acqua, infatti, è strettamente collegata al peculiare tragitto, dalla sorgente alla foce, connesso alla presenza di quantitativi variabili, nel tempo e nello spazio, di acqua, il liquido naturale per eccellenza.
Nella generalità dei casi, un fiume o corso d’acqua genericamente definito, è considerato scisso in tre parti principali. Nel tratto più vicino alla sorgente, quello in cui la pendenza è maggiore, prevale l’azione erosiva a discapito dei materiali rocciosi, sia di quelli con cui vengono a contatto le acque di precipitazione, che di quelli in essi defluenti. Nello spazio mediano del percorso, l’azione più importante che si attua è invece quella del trasporto dei materiali erosi in precedenza, fino a giungere, nella fase finale del tragitto, in cui a prevalere, nell’economia realizzatrice del processo fluviale, è l’azione di deposito di quanto in precedenza originato e trasportato.
La maggiore pendenza del piano di scorrimento della prima parte del percorso fluviale, a causa della conseguente alta velocità, inevitabilmente acquisita, contribuisce sia alla formazione di un più o meno rilevante quantitativo dei materiali da trasportare che ad un altrettanto ridotto grado d’infiltrazione in profondità delle acque coinvolte. Di conseguenza, è proprio questo tratto del percorso quello maggiormente responsabile dell’adeguata, maggiore e minore, infiltrazione nel sottosuolo e quindi delle relative, potenziali riserve riscontrabili in profondità. Situazioni che, per il previsto aumento dei fenomeni estremi causati dai cambiamenti climatici, purtroppo già in atto, quali una piovosità più violenta e concentrata, in spazi circoscritti e in tempi più contenuti, tenderanno inevitabilmente ad aumentare. Diversamente, invece, per gli stessi motivi climo-alteranti, tanto nella zona mediana che in quella finale del tragitto, per le situazioni critiche descritte, le acque in eccesso trasportate, avranno buon gioco nell’ esondare negli spazi normalmente al di fuori del greto del percorso fluviale storicamente conosciuto.
Per quanto appena detto e analizzato, è con ragione auspicabile che tale contesto naturalistico/ambientale possa assumere l’auspicata, concreta, efficace e utile figura del Guardiano del Fiume. È possibile immaginare, cioè, una presenza operativa sul campo, in grado di segnalare e ancor più, d’intervenire, sia nel contrastare che nel favorire, se non tutti, almeno gran parte dei fenomeni, potenzialmente verificabili, prima indicati. Sarebbe il caso, cioè, di mettere in atto, a seconda dei casi, concretamente e con sapienza, lungo l’intera asta fluviale, le necessarie ed opportune opere idraulico-forestali, ormai largamente conosciute e da tempo collaudate. Iniziando, ad esempio, col posizionamento di quelle trasversali, tendenzialmente, frenanti nella prima parte del tragitto idraulico, fino alla sistemazione di quelle favorenti il divagare laterale delle acque, in prossimità dell’arco conclusivo del percorso. È da tenere, altresì, ben presente la necessità di garantire, sempre e comunque, sia lo scorrimento in alveo di quantitativi idrici adeguati (deflusso minimo vitale), al di sotto dei quali è la stessa sopravvivenza dell’intero ecosistema ad essere in pericolo, sia la possibilità, per gli organismi necessitati al moto, di superare i pur minimi, interposti, ostacoli trasversali.
Non va dimenticato, infine, il dover saggiamente considerare il poter rilevare, con costanza e continuità, l’eventuale presenza in alveo di sostanze estranee e/o comunque non compatibili con la peculiare naturalità dell’intero ecosistema.
di Angelo Sanzò (da lafonhte.tv)