• 18 Novembre 2021

Vino e leggende

Nel mondo del vino circolano troppe leggende metropolitane

di Cantine D’Uva (da lafonte.tv)

18 novembre 2021

Back

Nel mondo del vino circolano troppe leggende metropolitane. Provo a far fuori le peggiori, quelle che ritornano, sempre, e che prima o poi ci tocca sentire dall’amico, pure da quello più insospettabile; segnatevi i punti, da oggi sapete cosa obbiettare.
1. I vini rossi devono essere sempre decantati. Falso: solo il 20% dei rossi necessitano di arieggiare il locale prima di soggiornarvi. Quindi, il restante 80% va solo versato in un calice di generose dimensioni. Inutile quindi acquistare, posizionare e poi dannarsi a lavare, quella specie di pappagallo chiamato Decanter, utile però indubbiamente per fare scena!
2. Dalla semplice sniffata del sughero puoi sentire se il vino sa di tappo. Annusare il tappo è tanto figo quanto inutile, il vino oltraggiato dal TCA, – sigla che indica il tricloroanisolo molecola proveniente fungo (Armillaria mellea) – che può svilupparsi nei sugheri – non sa di tappo. Quindi Il 99,9% delle volte non sentirete niente altro che odore di sughero bagnato. Il puzzo causato dal TCA infatti assomiglia piuttosto all’umidità del garagecantina del nonno.
3. Il prezzo del vino al ristorante è eccessivo. Basta saper scegliere e non acquistare bottiglie che provengono dall’altra parte dell’emisfero e tener conto che normalmente una bottiglia d’acqua da mezzo litro  in un ristorante può arrivare a costare al cliente 4/5 €. Il costo sostenuto dal ristoratore è di circa 1 € con il vuoto a rendere, ovvero un rincaro pari al 300/400. Non nascondo che a volte il ristoratore ci provi ma in tal caso state pur certi che anche lo spaghetto sarà una bella rapina. Scegliendo il vino proveniente dall’azienda più vicina al ristorante vi accorgerete che il più delle volte il prezzo è accettabile.
4. Une mese di no-alcol disintossica il fegato. Alzi la mano chi almeno una volta nella vita non ha detto: “No grazie questo mese niente alcol”. Fioretto o no, questa credenza è fallace e può indurre a cattivi comportamenti. Non puoi allontanare orrende patologie del fegato bevendo 11 mesi all’anno come una spugna, e poi fare un mese di astinenza per recuperare e riparare al mal fatto, bisogna bere poco e bere bene perché il vino non rovini la salute.
5. C’è bisogno di una cantina per conservare il vino. Falso. La condizione ottimale di conservazione di una bottiglia è una cellar con  75% di umidità, a 15° costanti, insonorizzata, anti vibrazioni e con circuiti di mille valvole. Ma quanti la possiedono poossono permettersela e allora che si fa? Ci si converte all’acqua? Giammai! Il vino non ha tutte queste pretese! Basta trovare un posto, dentro le quattro mura di casa dove non arrivi la luce diretta sulle bottiglie e la temperatura non salga oltre i sedici gradi.
6. Il vino rosso va servito “room temperature”. Regola molto anglosassone legata a qualche decennio fa quando all’ interno dei locali il tepore era intorno ai 17/18 gradi. Oggi seguire questo dogma e piazzare il rosso in tavola a temperatura ambiente, con le temperature da forno crematorio che si raggiungono all’interno delle abitazioni e dei ristoranti significa servire non vino ma vin brulé. E se il ghiaccio è considerato un’eresia in un calice di buon rosso, allora via libera alle glacette per raffreddare le bottiglie di bianco e non solo.
7. Vini che olezzano di animale bagnato sono difettati.Il batterio (shit, già inizio male) che causa sentori pungenti animaleschi è il Brettanomyces, che gli americani chiamano per renderlo più figo “Brett”. Ma non tutti sanno che ci sono dei Pinot Nero o anche e dei Brunello costosissimi che negli anni possono arrivare ad avere sentori terziari come lana bagnata, pellame, selvaggine e, udite udite, secrezione ghiandolare del capodoglio, cosi come insegnano le sommelleries di ultima generazione. Ma si sa Pecunia non olet!
8. I vini, come gli uomini, migliorano con l’età. Per quanto ci piacerebbe crederlo, non sempre ahimè, è cosi, né per l’umana progenie né per il nettare di Bacco, o meglio, non lo è per tutti. Se saggezza e temperanza si adattano di più a chi ha qualche capello bianco (almeno cosi si spera) non tutti i vini si avvantaggiano degli anni e proprio come ogni essere vivente presentano un ciclo che non è infinito, ma raggiunge il suo apice per poi avviarsi verso il declino. Il vino è, infatti, una bevanda viva che continua a evolversi anche dopo l’imbottigliamento. Tale evoluzione può arrivare per alcuni fino a 50 anni, mentre per altri si ferma a tre.
I vini rossi, come i passiti e i fortificati, hanno una longevità superiore rispetto ai bianchi a causa delle caratteristiche specifiche delle loro uve e, in particolare, della quantità di alcune specifiche sostanze che possono rafforzarsi o attenuarsi durante il periodo di vinificazione. Con le giuste condizioni viticolturali, enologiche e di conservazione, il tempo restituisce profili organolettici di straordinaria complessità e ricchezza che determinano l’età (non propriamente misurabile) dei vini: non tutti i Rossi possono essere considerati invecchiati dopo i tre anni, mentre difficilmente possiamo affermare che un Bianco è ancora giovane dopo questo lasso di tempo.
9. Per giudicare un vino devi conoscerlo. Per apprezzare una donna/uomo dovete per forza sapere chi è il padre, chi è la madre, quali sono le sue origini? No di certo. “Quella è una gran gnocca/gnocco” alla prima occhiata equivale a dire “questo vino è proprio buono” al primo sorso. Dopo possiamo anche parlare del produttore, del terreno e se è un bio oppure è semplicemente un dinamico. Ma se la prima esclamazione è stata: “Buono!”, tutto il resto è noia 

di Cantine D’Uva (da lafonte.tv)

Back