Molise uno e trino, alto, medio e basso
A ciascuno di questi ambiti sub regionali, distinguibili in base alla loro altitudine, corrisponde una situazione ambientale specifica la quale incide sulla presenza dell’uomo
di Francesco Manfredi-Selvaggi (da ilbenecomune.it)
19 novembre 2021
Ci soffermiamo, dopo aver discusso sull’appropriatezza di tale tripartizione sul basso Molise, l’area che ha subito le maggiori trasformazioni anche nel rapporto uomo-ambiente, nell’età contemporanea.
La nostra regione è, lo si fa sempre, divisibile in 3 zone delle quali 2 hanno una denominazione fissa, l’alto e il basso Molise, mentre la terza ne ha una variabile perché a volte viene chiamata medio Molise e altre volte Molise centrale. Ambedue questi nomi sono appropriati, sono intercambiabili perché equivalenti fra di loro se si intende indicare quella parte del territorio regionale che sta in mezzo ai comprensori alto e bassomolisano, al loro centro. Medio va bene, invece, se si vuole, e questa regione si presta bene a ciò avendo la sua superficie un andamento altimetricamente decrescente, con una certa continuità, distinguere quell’ambito con altitudine mediana tra quelle dell’alto Molise e del basso Molise.
La su altezza, va poi notato, è quasi la media, un’altra accezione del termine medio Molise, con significato analogo, ma non proprio identico al precedente, dell’altimetria regionale. In definitiva se centrale indica solo una posizione topografica, del tipo terra di mezzo, medio è un parola che contiene in sé ulteriori sfumature di significato, oltre che quello dell’ubicazione quello della quota del terreno. Al di là, ora, della questione della terminologia da utilizzare per ripartire il Molise è interessante osservare che alla regione calza bene l’essere scandita in porzioni separate, non succede sempre così.
Dunque, con una qualche sicurezza possiamo distinguere un Molise montano, un Molise collinare e un Molise di pianura con tutto ciò, si starebbe per dire, che ne consegue e che spieghiamo subito. Subito subito, però, no poiché c’è bisogno prima di mettere in guardia sulle ridotte dimensioni della regione per cui ad ognuna delle entità geografiche, montagna, collina e piano, conseguentemente piccole, non possono discendere in corrispondenza ecosistemi estremamente definiti. Occorre perciò assumere un atteggiamento di tolleranza e accettare benevolmente che si nomini in riferimento alle circoscrizioni territoriali proposte il termine ecosistema.
Le tipologie di ambiente “classiche” (che, però, non approfondiremo, pur se tirate in ballo) quelle cioè che servono per classificare, riconducendole a poche unità, l’universo delle situazioni ambientali presenti nel pianeta (se non dell’universo, si era sul punto di dire), e andrebbe adattate ai 3 casi molisani, non prese sic et sempliciter. D’atro canto, andando di precisazione in precisazione ed esprimendo un giudizio, è tale rapido succedersi di condizioni morfologiche nel breve spazio che separa il mare dall’Appennino, da quella pianeggiante a quella dei colli a quella montagnosa, a costituire una ricchezza in senso ecosistemico.
Fatte queste debite premesse, procediamo con la specificazione che al cambiare del profilo del suolo ne consegue un cambiamento del clima, della piovosità, della vegetazione e, andando fino in fondo, delle forme del popolamento umano; la struttura ecologica, infatti, determina i caratteri insediativi. Le aree montuose, così come quelle dei rilievi collinari e quelle delle piane hanno una propria connotazione in ecologia, anche se, per quanto detto e ribadito, non si tratta, ambientalmente, di fatti perfettamente riconoscibili: l’uomo vi si adatta, modificando il suo stare al mondo per ciascuno di questi mondi fisici.
Abbiamo, pertanto, in grandi linee, tradizionalmente, economia pastorale e boschiva nell’alto Molise, prettamente agricola nel medio Molise e uno sfruttamento estensivo, a pascolo e a colture cerealicole, nel basso Molise. Sarà vero quanto fin qui detto? Forse no, o forse era vero quando vi erano le società tradizionali le quali tendevano a conformare la loro organizzazione economica alle caratteristiche ambientali dei luoghi. Oggi non è più vero avendo noi a disposizione mezzi tecnici capaci di superare i “limiti” che l’ambiente imporrebbe alle attività produttive.
Il mutamento maggiore in età contemporanea lo hanno subito le pianure; in passato erano lande prevalentemente inospitali perché paludose e malsane, va da sé, adesso sono gli, pressoché, unici areali di agricoltura moderna della regione. Il merito, se lo si può considerare tale, va all’opera di bonifica la quale ha riguardato tutte le zone pianeggianti del Molise, da quella pedemontana, la conca di Boiano con il Consorzio di Bonifica, appunto Montana a quella costiera. I nostri paesaggi di pianura sono innanzitutto paesaggi di bonifica.
Di certo, lì dove è leggibile con maggiore evidenza, non fosse altro che per la sua estensione, è sulla costa in cui al recupero del suolo agrario liberato dall’impaludamento si è aggiunta l’irrigazione dei campi con la costruzione della diga del Liscione posizionata, significativamente, proprio nel punto di inizio dell’ampia distesa pianeggiante bassomolisana (e non più a monte come fa lo sbarramento di Chiauci sul fiume gemello del Biferno, il Trigno, un utile comparazione). La bonifica, la diga sono frutto di strategie programmatorie e ciò costituisce, almeno qui da noi, una novità per il settore primario con l’operatore privato che va al seguito di decisioni politiche e, del resto, trasformazioni ambientali, ciò lo si ricorda di cui stiamo discutendo, tanto imponenti sono le figlie, necessariamente, dell’intervento pubblico.
L’intera evoluzione dell’agricoltura, a partire dal dopoguerra con il piano Marshall, lo si avverte è un inciso, è stata condizionata dagli “aiuti”, sia materiali, come le infrastrutture, sia immateriali che, comunque, hanno cambiato il volto delle campagne, come i contributi per il grano duro, sia statali sia comunitari.
Non è solo, ci avviamo a concludere (e nel contempo ad annunciare un nuovo argomento) ma è solo che è la più incidente ambientalmente per quello che qui ci riguarda, l’azione di bonifica ad aver prodotto modificazione negli assetti agrari in quanto nel tempo si sono registrate numerose operazioni riformatrici, che spesso si sono accavallate negli stessi territori la cui configurazione odierna conserva tracce di tale stratificazione, da quella della centuriatio romana, a quella dovuta ai benedettini, a quelle ancient régime delle Difese dal pascolamento incontrollato, alla introduzione delle nuove piante da frutto da parte degli innovatori ottocenteschi, alla larga affermazione della mezzadria, alla fase della transumanza, alla rivoluzione agronomica della rotazione triennale delle coltivazioni.
Queste fasi le hanno attraversate un po’ tutti gli ambiti sub-regionali con l’identificazione dei quali abbiamo iniziato, non tutti, tutte le fasi elencate, tutte o quasi il medio Molise il quale per la sua dimostrata, per così dire, malleabilità, adattabilità a diverse forme di agricoltura sembra capace di candidarsi per la nuova frontiera dell’agroecologia.
di Francesco Manfredi-Selvaggi (da ilbenecomune.it)