Se il Fondo per i comuni marginali crea disuguaglianze…
Il 95% delle risorse va ai paesi del Sud, selezionati per le loro condizioni svantaggiate, a forte rischio di spopolamento, con un indice di vulnerabilità sociale e materiale elevato e con un basso livello di redditi dei residenti: ma non sono tutti così i piccoli paesi delle aree interne?
di Maria Fioretti (da orticalab.it)
21 gennaio 2022
180 milioni di euro per 1.187 Comuni: che cifre sono? È la ripartizione del Fondo di sostegno ai comuni marginali per le annualità 2021-2023 che arriva dal Ministero per il Sud e la Coesione territoriale.
Nello specifico i beneficiari sono stati selezionati per le loro condizioni particolarmente svantaggiate, in quanto a forte rischio di spopolamento, con un Indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) elevato e con un basso livello di redditi della popolazione residente.
Attraverso questi criteri, il DPCM individua 1.101 comuni meridionali, ai quali andranno oltre 171 milioni di euro (il 95,2% del totale), 52 comuni dell’Italia centrale (per 5,5 milioni di euro) e 34 del Nord (3,1 milioni di euro).
Le risorse potranno essere utilizzate per tre categorie di interventi nei territori soggetti a spopolamento:
- adeguamento di immobili comunali da concedere in comodato d’uso gratuito per l’apertura di attività commerciali, artigianali o professionali;
concessione di contributi per l’avvio di attività commerciali, artigianali e agricole;
concessione di contributi a favore di chi trasferisce la propria residenza e dimora abituale nei comuni delle aree interne, come concorso per le spese di acquisto e ristrutturazione dell’immobile (massimo 5.000 euro a beneficiario).
Inoltre – si legge sempre sul sito – i comuni svantaggiati potranno concedere gratuitamente propri immobili da adibire ad abitazione principale o per svolgere lavoro agile.
In linea generale, queste sono le risorse che il Dipartimento per le politiche di coesione provvederà ad erogare. Ma cosa accade quando passiamo al particolare? Vale a dire quando dalle misure arriviamo ai territori, dalla teoria alla pratica quotidiana? Spesso resta un divario ancora più ampio tra paesi già fragili: la ripartizione dei fondi non avviene in maniera proporzionale e si crea inevitabilmente una disparità, anche tra Comuni limitrofi.
E questo – se proviamo a guardare all’Irpinia – si può immediatamente comprendere. Facciamo un esempio: comuni come Sturno, Andretta o Castelvetere sul Calore – che ha sollevato proprio queste perplessità sui suoi canali social ufficiali – non riceveranno il finanziamento, invece i comuni immediatamente confinanti si. Sembra paradossale, un po’ come riconoscere maggiori possibilità solo ad alcune comunità, sulla base di parametri che finiscono col creare un’evidente distorsione, perché banalmente tutti soffrono lo spopolamento e una cronica mancanza di servizi, ma non a tutti sarà concesso di migliorare la propria condizione o di rendersi maggiormente attrattivi o di migliorare la qualità della vita.
Lo Stato ha definito le risorse e il modo in cui devono essere impiegate, risparmiando tra l’altro alle amministrazioni diversi passaggi tecnico-burocratici e anche gli ostacoli della progettazione, ma la soluzione non può certo essere dentro o fuori, bisognerebbe piuttosto ragionare su una ripartizione equa che non lasci ulteriore spazio alle disuguaglianze nelle aree interne, arrivando addirittura a fare una distinzione tra chi è più o meno vulnerabile, sempre nella marginalità.
di Maria Fioretti (da orticalab.it)