Alto Molise
Rintocchi di cultura e di sapori
di Pasquale Di Lena (da lafonte.tv)
31 gennaio 2022
Il cuore che qui batte da più lungo tempo è quello dell’”Homo Aeserniensis”, l’”homo erectus” di circa un milione di anni fa con il suo accampamento a Isernia, la città dei Sanniti Pentri, oggi il capoluogo di una delle due province del Molise, quella che segna i suoi confini con la Campania, il Lazio e l’Abruzzo.
La provincia attraversata da tre dei quattro più importanti tratturi, quali il Pescasseroli – Candela; il Castel di Sangro-Lucera, il Celano-Foggia, e, quello regio, L’Aquila-Foggia, che scende lungo la terra dei Frentani c e il mare Adriatico.
La provincia, quella di Isernia, rende il Molise, con l’Abruzzo e il Lazio, parte dell’omonimo Parco Nazionale. La città capoluogo è, nel giorno dei santi Pietro e Paolo, la sede di un’antica fiera, che vede l’allium, con i suoi bulbi cepa e sativum, cipolla e aglio, protagonista. Nota come la “Fiera delle Cipolle”, in particolare quella rossa, dal bulbo rotondo, diffusa da sempre sul territorio che va da Isernia a Venafro. Un prodotto tradizionale, la “Cipolla Rossa di Isernia”, meritevole dell’indicazione geografica Dop o Igp, che, oltre a qualificare il suo titolo di testimone di un territorio, rende il prodotto unico, e, come tale, fonte di immagine, tutto e solo da raccontare. Un discorso che vale anche per altri prodotti di questo territorio che, sulla cartina geografica dell’Italia, sembra ritagliare la testa della “farfalla” Molise. Penso a la “Signora di Conca Casale”, l’insaccato che le signore del piccolo comune sopra Venafro, si tramandano da tempo lontano; l’”Ostia di Agnone”, il più delicato dei dolci che ci offre la patria delle campane, quest’ultime, da oltre mille anni, nelle mani dei Marinelli; la “Lenticchia” e la “Pezzata” di Capracotta, il “Fagiolo confetto di Acquaviva di Isernia”, e, soprattutto, il “Tartufo Bianco del Molise” – oggi parte de la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia”, riconoscimento Unesco quale patrimonio immateriale dell’umanità – che nei boschi dell’Alto Molise è di “casa” più che nel resto della Regione. La più ricca (40% di tutto quello raccolto in Italia) di questo tubero pregiato, sempre più prezioso. Un tubero che ha tutto – se le istituzioni e i raccoglitori vogliono – per diventare, per il mondo intero, un’immagine accattivante del Molise e di questo suo territorio. È, oggi, il cibo più desiderato e più pagato, e, come tale, capace, grazie anche alla sua preziosità, di invitare milioni e milioni di consumatori a cercare, su un mappamondo a portata di cellulare, l’Italia, e, dell’Italia, la “Farfalla Molise”. Immagine, che farebbe risparmiare alle istituzioni cifre importanti, oggi spese in promozione turistica.
Siamo, anche, nella terra de: il “Caciocavallo Silano” Dop – meriterebbe essere “del Molise” – e di altri deliziosi latticini, che hanno nella “Stracciata”, volendo, anch’essa Dop, il punto di riferimento; il “Pane” di Macchiagodena, Longano, Venafro, diverso nella forma da quello di Matera e di Altamura, ma dalla stessa bontà unica, che ha i caratteri per essere testimone di questi territori. Insieme con gli oli delle olive autoctone, a partire dall’”Aurina di Venafro”, che, in modo splendido, rappresenta l’immagine dell’unico “Parco” al mondo dedicato all’olivo, quello “storico regionale dell’olivo di Venafro”, uno dei primi 27 siti riconosciuti e inseriti nel Registro nazionale dei Paesaggi rurali storici, che, con il suo olio, racconta bene la storia della qualità degli oli italiani. Un territorio piccolo, l’Alto Molise, con due catene di montagne, il Matese e le Mainarde, che, come due mani congiunte, aperte, raccolgono i suoi ambienti e i suoi paesaggi, e, lo presentano con la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni. Mani tese a proteggere un tesoro di bontà, di profumi e di sapori, prima descritti. Terra non solo di olio e di vino, di caciocavallo e latticini, ma, anche, di acqua, con le sue sorgenti sparse ovunque, come quelle che danno vita ai fiumi Volturno e Trigno e ai tanti ruscelli: il “Carpino”, il “San Bartolomeo” e il “Verrino”; di boschi e prati pascoli; oasi e riserve Mab; parchi; cime, le più alte del Molise, come La Meta (2241 m.), nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Molise e Lazio, e Monte Miletto ( 2050 m.), nel territorio di Roccamandolfi, il paese che, con la sua polenta, insieme con il dirimpettaio Macchiagodena, onora la farina di un mais tutto molisano, l’”Agostinello”, salvato dall’Arca sannita. La terra di un paese, Castel del Giudice, rinato per aver saputo esprimere la cultura del luogo, com’è quella dei sarti di Capracotta; dell’acciaio lavorato dai bravi artigiani di Frosolone; dei profumieri di S. Elena Sannita; della Zampogna, con le sue note che, da Scapoli, salgono fin a Monte Marrone, il luogo che racconta un pezzo di storia recente, importante, quello della Resistenza italiana con gli alpini che hanno costretto i nazisti a scappare.
Terra, l’Alto Molise, anche, di libertà e di pace.
di Pasquale Di Lena (da lafonte.tv)